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Dream House

28/02/2012 11:00

Maurizio Encari

Recensione Film,

Dream House

Will Atenton (Daniel Craig) è un editore di successo che abbandona il lavoro per trascorrere più tempo con la moglie Libby (Rachel Weisz) e le due figlie nella

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Will Atenton (Daniel Craig) è un editore di successo che abbandona il lavoro per trascorrere più tempo con la moglie Libby (Rachel Weisz) e le due figlie nella nuova casa da poco acquistata. Sin dai primi giorni però le bambine dichiarano di osservare strane presenze al di fuori della dimora, finché anche Will e Libby notano delle inquietanti intrusioni nella loro intimità. Indagando l'uomo scopre che in quella casa cinque anni un'intera famiglia rimase vittima di un tremendo massacro. Il maggior indiziato della strage, nonché unico sopravvissuto, era il marito/padre Fred Ward, rinchiuso in manicomio e ora prossimo all'uscita per mancanza di prove. Con l'aiuto della vicina Ann (Naomi Watts), Will scoprirà un'incredibile verità.


Dream House, oltre al "merito" di aver creato una nuova coppia hollywoodiana come quella formata da Daniel Craig e Rachel Weisz, neo-sposi poco dopo la fine delle riprese, ha fatto parlare molto per l'accesa disputa tra il regista Jim Sheridan e la produzione, rea di aver stravolto il film a tal punto che il filmmaker irlandese ha chiesto, senza successo, di far rimuovere il suo nome dai credits della pellicola. Quasi sempre le opere partorite in questo nervoso stato di travaglio non sono mai riuscite ad attecchire nei cuori del pubblico e della critica, e purtroppo non è questa pellicola a rappresentare l'eccezione. Dream House è infatti un film che sembra aspirare alla grandezza salvo perdersi, dopo un buon inizio, in una serie di scelte narrative infelici e banali, che finiscono per affossare ben presto la storia sino ad un epilogo affrettato e assai poco credibile.


Un mystery-drama che non affonda mai nel profondo, nonostante si intravedano diverse potenzialità purtroppo mal sfruttate nella resa finale. Già verso il giro di boa, nel quale viene rivelato il colpo di scena fondamentale, la vicenda perde lentamente mordente cadendo in un vortice di déjà-vu (svariati riferimenti a The Others e Il sesto senso) e di noia, che neanche gli ultimi minuti in salsa thrilling riescono a risollevare dall'oblio. La regia di Sheridan, non si sa per quanto effettivo merito o demerito (molte scene sono infatti state rigirate ex-novo), è altalenante, e alterna ottime e suggestive sequenze in grado di creare spaesamento e inquietudine, ad altre che suscitano altrettanto smarrimento per la loro ingenuità. L'impatto drammatico, assai preponderante in diversi passaggi, è sottolineato maggiormente dalle ottime interpretazioni del cast: se la Weisz, intensa e magnetica, non è certo una sorpresa, Craig appare sempre più maturo, calandosi alla perfezione in un ruolo più ambiguo del previsto. Forse, senza tutti i problemi produttivi, ci saremmo trovati dinanzi a un film al di sopra della media, ma allo stato dei fatti Dream House rimane soltanto un'enorme occasione mancata.


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