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Colour from the Dark

09/03/2012 12:00

Martina Calcabrini

Recensione Film,

Colour from the Dark

Ivan Zuccon, artista emiliano formatosi al seguito di Pupi Avati, ha scelto di sedersi in cabina di regia adattando The Colour Out of Space, uno dei più importa

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Ivan Zuccon, artista emiliano formatosi al seguito di Pupi Avati, ha scelto di sedersi in cabina di regia adattando The Colour Out of Space, uno dei più importanti racconti di H. P. Lovecraft. Dopo aver fatto il giro del mondo ed essersi aggiudicato il premio come miglior film al H. P. Lovecraft Film Festival di Portland, Colour from the dark approda nelle sale italiane grazie al circuito di Distribuzione Indipendente.


Italia, 1940. Lucia e Pietro sono due novelli sposi che vivono in una fattoria sperduta della campagna ferrarese, insieme ad Alice, la giovane sorella di Lucia. Affetta da un disturbo psichiatrico, la ragazzina non riesce a comunicare con nessuno e utilizza una bambola di pezza, Rosina, per interfacciarsi con il mondo esterno. Improvvisamente un’entità misteriosa e malefica fuoriuscita dal pozzo, si impossessa del corpo e della mente di Lucia portandola prima alla pazzia e poi alla morte. Di pari passo con lei, appassiscono e muoiono anche la fede nella religione cattolica, la vegetazione, gli animali, la sua famiglia e i vicini di casa, in una spirale di disperazione e morte che odora di demoniaco.


Zuccon costruisce la storia come una sorta di esteso e continuo climax: l’entità maligna prima sprigiona le passioni e i desideri dei protagonisti, poi risolve i loro problemi e lenisce le loro ferite ma, appena questi toccano l’apice della felicità, inizia a punirli selvaggiamente e a privarli di tutto ciò che si erano faticosamente guadagnati. E mentre le menti dei personaggi perdono limpidezza e lucidità, la fotografia sbiadisce, i rumori di fondo crescono, le grida aumentano e la sporcizia e il sudiciume della misteriosa entità deteriorano persino l’anima più pura. Colour from the dark è un lungometraggio fantascientifico che, cercando di modernizzare lo spirito lovecraftiano, cade nella trappola dell’eccessivo zelo. La cornice fascista, infatti, sembra una forzatura a livello narrativo, come se volesse sviare l’attenzione dello spettatore da un pericolo reale verso uno irreale (il demonio e la sua azione malefica) perché sostanzialmente invisibile. Inoltre, i protagonisti che, inizialmente, citano (più o meno consapevolmente) L’invasione degli ultracorpi di Siegel, finiscono ben presto per diventare copie sbiadite di personaggi e macchiette tipiche del filone di film sugli esorcismi. Nonostante piccoli errori e imprecisioni, però, Ivan Zuccon va premiato per il suo coraggio e la pazienza dimostrata nei confronti di un circuito cinematografico, quello italiano, che ha perso il valore delle proprie origini.


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