C’era una volta una bella principessa di nome Biancaneve. La sua malvagia e vanitosa matrigna, la Regina, temeva che un giorno la bellezza di Biancaneve superasse la sua. Così si apriva il lungometraggio d'animazione Disney, datato 1937, della bella orfanella costretta a fuggire nei boschi per fuggire dalla crudele vanità e gelosia della matrigna. Sono passati ottant’anni da quell’esordio folgorante, eppure la favola di Biancaneve non ha smesso di incantare nuove generazioni di spettatori e di operatori del settore. Si pensi, ad esempio, alla meravigliosa serie targata Abc Once Upon a Time che propone una nuova, straordinaria versione della favola; o al film di prossima uscita Biancaneve e il Cacciatore, in cui Kirsten Stewart interpreta il ruolo della bella principessa. Il regista Tarsem Singh Dhand War (Immortals) si è lasciato influenzare dalla febbrile corsa alle rivisitazioni fiabesche (la rilettura gotica di Burton in Alice in Wonderland, quella giovanilistica di Beastly, o ancora quella in chiave orrorifica di Cappuccetto Rosso Sangue), riproponendo lo schema classico della storia di Biancaneve, mutandone però l’atmosfera di fondo, e aggiungendo una nota scanzonata inusitata. Biancaneve (Lily Collins) è una giovane principessa che, dopo la scomparsa del Re suo padre (Sean Bean), vive reclusa nel proprio castello, sotto la crudele potestà della Regina (Julia Roberts). Quest’ultima, dominata dalla sete di potere e dalla propria vanità , passa il tempo organizzando banchetti che finanzia tartassando un popolo sempre più affamato. Il giorno del suo diciottesimo compleanno, spinta dalle parole della pasticcera di corte, Biancaneve lascia il castello, per vedere con i propri occhi la sofferenza della sua gente. Durante il viaggio la ragazza si imbatte nel principe Alcott (Armie Hammer), ultimo bersaglio di Regina che vuole sposarlo per rimpinguare le casse del regno. Scoperta la preferenza del principe per Biancaneve, la Regina ordina al suo fido consigliere Brighton (Nathan Lane) di portare la ragazza nei boschi e di ucciderla. Brighton, tuttavia, non ha il coraggio di spezzare la vita della principessa, così la lascia andare. Biancaneve scappa nel bosco, inseguita da una misteriosa bestia, finchè non viene tratta in salvo da sette nani che la ospitano e le insegnano a combattere. Per Biancaneve è arrivato il momento di riprendersi il regno e il principe. Nel cinema odierno sembra vigere una regola non scritta secondo cui l’esperienza spettatoriale è maggiormente gratificata se irretita dalla perfidia dei personaggi antagonisti: caratteri più complessi e divertenti, che offrono maggiori sfumature rispetto all’eroe arroccato nella scomoda posizione di colui che deve agire sempre nel bene. Il film di Tarsem, in questo senso, non fa eccezione e il regista ne sembra essere chiaramente consapevole. Nonostante il titolo italiano della pellicola sia Biancaneve, nella versione originale – Mirror, Mirror – è evidente l’intenzione di portare in primo piano la figura della regina Grimilde, interpretata da una bellissima e divertentissima Julia Roberts. La crudele figura vanesia, mossa solo dalla superficiale aspirazione ad «essere la più bella del Reame» si trasforma in una spassosa regina che aspira al potere e che, per ottenerlo, usa l’arma più potente in suo possesso, la bellezza. Dato il contesto culturale moderno – in cui la vecchiaia sembra essere il vero, unico nemico da abbattere – la scelta di Tarsem non solo si dimostra di un’attualità inaspettata, ma è un tale piacere per lo spettatore che, alla fine dei conti, persino la prevedibilità di una storia che tutti conoscono passa in secondo piano a fronte delle divertenti strategie che la Regina mette in atto per ostacolare Biancaneve. D’altra parte, il principe azzurro interpretato dal sempre più bravo Armie Hammer (già visto in The Social Network e J. Edgar) è talmente sopra le righe e così stereotipato che, alla fine, proprio la sua eccedenza ne fa uno dei personaggi più interessanti. Tutta la sequenza del principe incastrato in una maledizione che lo vuole cucciolo obbediente vale, da sola, la visione. Biancaneve è soprattutto un continuo sogno ad occhi aperti, una sorta di crepa della realtà da dove è possibile spiare un mondo irreale, evanescente. I toni freddi del ghiaccio e della neve vengono smorzati da luci che, paradossalmente, ne esaltano la mancata nitidezza, l’astrazione più totale da una qualsivoglia classificazione di stampo razionale. I toni pastello dei magnifici costumi di Eiko Ishioka (premio Oscar per Dracula di Francis Ford Coppola) tentano di richiamare l’atmosfera rarefatta del film Disney che rimane una delle fonti privilegiate. Di certo Biancaneve non è un film per tutti ancorato com'è ad una narrazione prosaica e stereotipata. Ma Tarsem, che non cerca in alcun modo di rendere originale la storia, firma un film squisito nel quale, che lo vogliate o no, è dannatamente facile perdersi.