C'era un americano, un tedesco e tre italiani. Poco dopo la fine del secondo conflitto mondiale, all'interno di una villa che precedentemente aveva ospitato il comando tedesco e poi quello americano, una contessa, madame Dalia (Alda Magnini) conduce una bisca clandestina assieme al professore Constantin (Enrico Viariso). In una sala della villa, che si trova in riva al mare in provincia di Livorno, vi è il ritratto di una donna che colpisce l'attenzione di due ex ufficiali venuti nella villa per partecipare a un congresso. I due chiedono di poter incontrare la donna per corteggiarla, così madame Dalia approfitta della situazione facendo loro credere che la donna ritratta nel quadro è la nipote, traendoli in inganno per estorcergli dei soldi. Così ingaggia una ballerina disoccupata incontrata dal professore in un locale, Giulietta (Sophia Loren), che somiglia vagamente alla donna del dipinto, e la presenta ai due giovani. Inizierà una corte spietata che porterà i due, oltre che alla reciproca gelosia, anche ad atti di violenza, entrambi ignari del piano diabolico della contessa: approfittando dell'ingenuità dei giovani, li ricatta per assicurarsi ingenti somme di denaro. Figlio del ben più famoso Giovacchino (regista di due dei più importanti film di propaganda fascista, Villafranca e Camicia Nera), Andrea Forzano struttura la pellicola sul classico canovaccio della vicenda amorosa alternata a intrighi e colpi ad effetto; resa parzialmente divertente dalle interpretazioni di Alda Magnini ed Enrico Viariso, caratteristi che già avevano trovato, rispettivamente nel teatro di rivista e nel cinema dei telefoni bianchi, i loro ruoli sicuramente più congeniali. Commedia confusionaria, a tratti frammentaria, non fluida nella sceneggiatura dove i personaggi secondari sono ridotti a meri stereotipi bozzettistici, Pellegrini d'amore ruota sconclusionatamente attorno alla figura di Giulietta, con un interessante messaggio di sottofondo: l'americano e il tedesco sprovveduti, gli italiani furbi e approfittatori delle debolezze umane, un pò a voler quantomeno screditare la cosiddetta mitologia degli "italiani brava gente", che farà da leit motiv a diverse pellicole italiane nel decennio successivo. Nessuno spicca per bravura, ad esclusione della citata Magnini, in questo film sgangherato che trova nella bella presenza di una giovane Sophia Loren, qui al secondo film col nuovo nome - dopo Luci del varietà di Fellini e Lattuada - uno dei pochi motivi d'interesse.