Il sesso è un affare di famiglia: basterebbe questa frase per riassumere il nuovo spin off della saga di American Pie. Dopo la digressione su Matt Stifler in American Pie - Band Camp, ecco arrivare Eric (John White), cugino dei due precedenti protagonisti di casa Stifler. Tuttavia Eric sembra somigliare più al Jim interpretato da Jason Biggs che ai propri familiari. Giunto all’ultimo anno di liceo il ragazzo è ancora vergine, questo perché da molto tempo è impegnato in una relazione seria con Tracy (Jessy Schram) che sembra ben intenzionata a preservare la propria castità. Per evitare le pressioni del ragazzo, che sente su di sé la responsabilità di essere uno Stifler, Tracy accetta di concedergli un weekend di totale libertà che Eric sfrutta per andare a visitare il campus universitario di suo cugino Dwight (Steve Talley). Insieme agli amici Ryan (Ross Thomas) e Cooze (Jake Siegel), Eric parte alla volta del campus, dove Dwight tiene alto il nome degli Stilfer, comportandosi esattamente come faceva Steven. Ad attendere i tre amici c’è un mondo universitario stravolto da continue feste che trova il suo culmine nel famoso Miglio Nudo, una corsa dove gli universitari mostrano la loro completa nudità. Sarà l’occasione, per Eric, di entrare in contatto con il mondo del sesso e di capire quali sono i suoi veri sentimenti e ciò che veramente desidera. È difficile tentare di mantenere alto il livello di una saga che già da anni mostra segnali di cedimento. I difetti che rendevano Band Camp nettamente inferiore alla trilogia originale vengono riesumati anche per Nudi alla meta. La pellicola diretta da Joe Nussbaum si dimostra incredibilmente priva di idee e dalla morale facile, trascinata solo dalla potenza iconografica del nudo femminile che svela senza quanto il film sia destinato quasi esclusivamente ad un pubblico maschile, capace di ridere per la goliardia spenta di un Biggs di nuova generazione. Ciò che rendeva sopportabile la trilogia originale era la consapevolezza di assistere a pellicole senza la benché minima pretesa moralistica, presentandosi come commedie demenziali per lo più maschiliste, con l'obiettivo di intrattenere un pubblico specifico. Nudi alla meta, dopo la necessaria dose di scene volgari e ridondanti, alla fine cade nel trabocchetto contenutistico: come se il regista non volesse “abbassarsi” a dirigere un film che fosse solamente una commedia scolastica sul piacere del sesso. Ma in una saga che ha fatto della demenzialità goliardica il proprio marchio di fabbrica, la lenta ed estenuante ricerca di contenuti alti smorza un qualsivoglia residuo di divertente intrattenimento.