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100 metri dal Paradiso

09/05/2012 11:00

Erika Pomella

Recensione Film,

100 metri dal Paradiso

Angelo (Domenico Fortunato) è un monsignore che tenta in ogni modo di ringiovanire l’aspetto della Chiesa cattolica, spesso attraverso scelte e idee alquanto di

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Angelo (Domenico Fortunato) è un monsignore che tenta in ogni modo di ringiovanire l’aspetto della Chiesa cattolica, spesso attraverso scelte e idee alquanto discutibili. È anche il padrino di Tommaso (Lorenzo Richelmy), giovane appena maggiorenne con un grande talento per la corsa dei 100 metri, disciplina nella quale eccelle al punto da essere scelto dalla nazionale italiana per i giochi olimpici londinesi del 2012. La cosa reca grande orgoglio al padre Mario (Jordi Mollà), amico d’infanzia di Angelo ed ex campione a cui la medaglia delle Olimpiadi è sempre sfuggita. Tommaso, però, rivela al padre un particolare che spegne ogni entusiasmo: il ragazzo non parteciperà ai giochi perché vuole farsi frate. Sarà compito di Angelo trovare una soluzione capace di accontentare tutti: mette su una squadra olimpionica che gareggerà per il Vaticano, di modo che Tommaso e Mario non debbano rinunciare ai propri sogni. Ad aiutarlo ci sarà la sorella Marcella (Giulia Bevilacqua) e il preparatore atletico Ottavio (Giorgio Colangeli).


Raffele Verzillo - conosciuto ai più per aver diretto fiction di grande respiro come Un Medico in famiglia e Incantesimo – arriva al cinema con il suo secondo lungometraggio, dopo il drammatico e apprezzato Animanera. Per l'occasione cambia decisamente tono, dando vita ad un film scanzonato e divertente. 100 metri dal paradiso è, in effetti, la dimostrazione che in Italia si possono fare commedie piene di brio, capaci di uscire dagli schemi produttivi e di contenuto fossilizzati dalla produzione nostrana. La commedia di Verzillo riesce a non prendersi troppo sul serio, capace di mantenere un buon equilibrio tra il buonismo e la ancor più facile critica al mondo ecclesiastico. Visto il momento storico che l’Italia sta attraversando, dove la Chiesa – i suoi dogmi e la sua teorica incapacità di aggiornare se stessa rispetto ad un mondo in costante divenire – è bersaglio di semplicistici attacchi, Verzillo non si schiera dalla congrua parte dei detrattori religiosi e, allo stesso tempo, non rischia mai di tratteggiare un ritratto eccessivamente edulcorato dell’universo ecclesiastico.


Il risultato è un film delizioso, pieno di speranza e di buone intenzioni, trainato da ottime prove istrioniche: va detto che la mancanza di grandi nomi ad esornare la pellicola non fa testo per un Giorgio Colangeli in grande spolvero, capace, da solo, di sorreggere la parte più comica (e convincente) della narrazione. La miscela di attori italiani con attori stranieri, dà un più ampio respiro ad un film che riesce a parlare a chiunque sia pronto ad ascoltare. Il tutto anche grazie alla sceneggiatura che presenta un buon ritmo, perfetti tempi comici e una discreta analisi – per quanto lo permetta il genere - dei personaggi principali, tanto che i titoli di coda non annullano nello spettatore l'entusiastico tifo per la sgangherata squadra olimpica. Le uniche pecche si devono ricercare nella liason amorosa con protagonista Giulia Bevilacqua, che, più che portare alla luce nuovi elementi diegetici, in alcuni casi risulta un ostacolo al dispiegarsi degli obiettivi dei personaggi.


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