Danny Brice (Jason Statham) e Hunter (Robert De Niro), sono due spie internazionali ai quali vengono affidati casi di massima delicatezza. Da quando però una tragedia ha offuscato una loro missione, Danny si è ritirato nella natia Australia in cerca di tranquillità . Sarà il rapimento del compagno e maestro di sempre, Hunter, a costringerlo a tornare in prima linea, tra intrighi internazionali e politica, nelle terre degli sceicchi e in occidente. Nella lotta contro il tempo per liberare il suo mentore, Danny dovrà vedersela, nella sua nuova missione speciale, con un avversario di prima classe: Spike Logan (Clive Owen), capo del gruppo di spie dei SAS. Ha il titolo di un cult ed un cast stellare: ma di stratosferico, Killer Elite, il primo lungometraggio di Gary McKendry, ha ben poco. Questa storia di inseguimenti, sparatorie e assassini di mestiere lascia lo spettatore medio con più di un dubbio sulle scelte del regista. A partire proprio dall’ambientazione, negli anni ’80, tra l’Australia e l’Oman, in mezzo alle guerricciole dinastiche degli sceicchi spietati e vendicativi. La vicenda, inutilmente intricata, racconta di spie che vogliono e devono uccidere altre spie, con il patetico prologo dell’uccisione di un bambino innocente. Infine ci sono i personaggi, il cliché del protagonista redento costretto a tornare a lavoro, la spia anziana che fa da filosofo e maestro alle altre, il giovane e rampante assassino al soldo dei potenti. L’intera narrazione mantiene un tono irreale che poco si sposa ad un thriller con vocazione commerciale e ritmo forsennato. Praticamente impossibile per lo spettatore ricordare la quantità di nomi e personaggi che fanno da corona alla trama, oltre ai vari filoni, fra cui quello dello scrittore ex-SAS che sta per pubblicare un libro, riferimento al romanzo The Feather Men, di Ranulph Fiennes, da cui il film è tratto. La delusione più cocente risiede senz’altro negli attori che la locandina annuncia con fierezza. De Niro, stanco e invecchiato, pur spacciato da protagonista, recita poco più che un cammeo. E va poco meglio per Clive Owen, di solito di grande presenza scenica, qui relegato ad un ruolo da comprimario, neanche troppo originale. Molto ritmo, poca verve e contenuti minimi per l'ennesima pellicola di un genere, l’action-thriller, che, anche quando arricchito dalla presenza di attori validi, inizia a stancare per mancanza di idee, intenti e originalità .