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Contraband

08/06/2012 10:00

Erika Pomella

Recensione Film,

Contraband

Chris (Mark Wahlberg) è un ex contrabbandiere che ha abbandonato la strada del crimine per amore di sua moglie (Kate Beckinsale) e dei suoi due bambini...

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Chris (Mark Wahlberg) è un ex contrabbandiere che ha abbandonato la strada del crimine per amore di sua moglie (Kate Beckinsale) e dei suoi due bambini. Tutto cambia quando il cognato Andy (Caleb Landry Jones) si mette nei guai per essere entrato in affari con il dispotico Tim Briggs (Giovanni Ribisi), a cui il ragazzino deve una cifra spropositata per aver gettato in mare un carico consistente di droga. Suo malgrado Chris si trova di nuovo in un ambiente corrotto e spietato, nel quale però riesce a muoversi con padronanza: insieme all’aiuto degli amici Sebastian (Ben Foster) e Danny (Lukas Haas) Chris organizza una spedizione verso Panama, nella speranza di trovare una soluzione per salvare Andy. Durante la traversata, l’uomo dovrà imparare a separare gli amici dai nemici.


Nel 2008 Arnaldur Indriõason e il regista Óskar Jónasson portarono sul grande schermo il fortunato thriller scandinavo dal titolo Reykjavik-Rotterdam, storia di una guardia di sicurezza che decide di darsi al contrabbando su una nave-container diretta in Olanda. Contraband nasce da quest’idea islandese che si è dimostrata piuttosto redditizia in patria, e dal quale l'adattamento americano eredita atmosfere e situazioni. D’altra parte non si tratta del primo remake sui generis che l’industria hollywoodiana lancia sul mercato: da Let me in a Millennium, passando per altri lavori come Brothers o Funny Games, sono tante le pellicole che hanno assorbito diegesi fortemente europee per trasportarle in creazioni a stelle e strisce. L’elemento innovativo, in Contraband, sta nel fatto che a dirigere la pellicola è l’attore principale di Reykjavik-Rotterdam, Baltasar Kormákur omaggiando la fonte d’ispirazione senza tuttavia ridursi a creare un'arida copia.


Il thriller di Kormakur è perfettamente calibrato, capace di creare una tensione tangibile attorno al protagonista, del quale lo spettatore si trova a condividere scelte e filosofia di vita. Grazie a un Mark Wahlberg che dopo l'ottima prova di The Fighter conferma le sue doti istrioniche. Va detto che la riuscita di un (anti)eroe del genere, un criminale dal cuore tenero, si deve anche alla contrapposizione con un villain ben costruito e non c’è dubbio che il personaggio interpretato magnificamente da Giovanni Ribisi risponda a tutti i canoni richiesti. Con i capelli unti e un'aurea di corruzione e sporcizia che gli aleggia intorno - e dentro -, l’ex Frank Jr. di Friends è un criminale senza scrupoli, malvagio e calcolatore, che non si sente in colpa nello sfruttare le debolezze dei suoi avversari, ma che al contempo possiede una parte più umana (e dunque condivisibile) che emerge nei rari momenti in compagnia della piccola figlia. Il mondo velato dai toni freddi e cupi di una corruzione che si palesa attraverso la preponderanza di grigi e neri, (s)travolge i protagonisti - vero fulcro d'attenzione - così come lo spettatore, soffocati in un universo sprovvisto di qualsiasi via di fuga. Un senso di destino ineluttabile, perfettamente fotografato da Barry Ackroyd restituisce un senso di claustrofobia che non trova sollievo fino alla fine. Pur non presentando vere e proprie innovazioni in un genere fortemente stereotipato, Contraband suggerisce che, a volte, rischiare a tutti i costi non è necessario: nella confusa separazione tra buoni e cattivi, dove ognuno ha un cuore di tenebra da nascondere, il film di Baltasar Kormákur riesce a creare un senso di attesa e di tensione che impediscono di distogliere lo sguardo dal destino di anime in balia di se stesse.


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