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Detachment - Il distacco

15/06/2012 11:00

Roberto Semprebene

Recensione Film,

Detachment - Il distacco

“E non mi sono mai sentito così profondamente distaccato da me stesso e al contempo così presente nel mondo”...

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“E non mi sono mai sentito così profondamente distaccato da me stesso e al contempo così presente nel mondo”. Con questa citazione da Camus si apre film di Tony Caye, già autore di American History X, che si presenta come un’opera interpretabile su più livelli.


Henry Barthes (Adrien Brody) è un supplente, un professore “a tempo” che accompagna per una parte dell’anno scolastico ragazzi di scuole diverse, senza mai prendere in carico la loro educazione per periodi prolungati. Il distacco è la principale caratteristica dell’uomo, che sembra non sentirsi coinvolto da nulla di quanto la vita gli presenta, malgrado la situazione che si trova ad affrontare sia tutt’altro che neutra: l’incarico assunto è in una scuola di un quartiere disagiato, frequentata da ragazzi senza prospettive o speranze, suo nonno è in un ospizio in cui si prendono malamente cura di lui e, come se questo non bastasse, il professore si ritrova ad accogliere in casa e curare una prostituta minorenne.


C’è un netto contrasto fra l’interiorità e l’esteriorità del personaggio. Dentro, Barthes sembra essere vuoto, indifferente, ma all’esterno assume una funzione importante per il mondo che lo circonda: è un buon professore, indulgente nipote, un buon samaritano. Le persone si legano a lui e alla sua capacità di spronarle a vivere e sperare, possibilità che lui non nega a se stesso, ma semplicemente non sente e non accoglie. Il mondo che si muove intorno a Barthes è poi una summa dei peggiori stereotipi del dramma sociale: istituzioni corrotte e mal funzionanti, famiglie allo sbando, giovani disagiati. Non c’è modo di salvarsi, e in questo probabilmente la ricerca di verità del regista trascende e diviene patetica, eccessiva e quindi meno credibile. Su un piano tecnico Caye utilizza diverse modalità per raggiungere il proprio pubblico: quando parla di sé il protagonista sembra oggetto di un’intervista in stile documentaristico, con macchina fissa in un contesto neutro, mentre nel rapporto col mondo il film assume maggiormente i connotati di una fiction, per quanto sempre caratterizzata da venature didascaliche e simil-veriste che ne accentuano le intenzioni di denuncia del sistema scolastico americano. Brody è ottimo interprete di un personaggio adatto alle caratteristiche estetiche e recitative dell’attore de Il Pianista. Intorno a lui ruota un cast che annovera nomi come Marcia Gay Harden, Christina Hendricks, James Caan e Lucy Liu, tutti efficaci nel portare sullo schermo personaggi in gran parte stereotipati, in parte poco approfonditi. Ne viene fuori una pellicola un po’ pretenziosa, le cui tesi sono sostenute con argomentazioni troppo estremizzate per convincere pienamente, a dispetto di picchi drammatici che sul piano emotivo colgono nel segno.


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