Dirigere un sequel che superi in qualità il prototipo di una serie nascente è, se non impossibile, operazione alquanto complicata. Impresa ardua, missione per pochi eletti: Terminator 2: Judgment Day di James Cameron o Mad Max 2: The Road Warrior di George Miller ad esempio. Un club, quello dei sequel ottimali, estremamente selettivo, all'interno del quale non fatica ad entrare Sam Raimi con il secondo capitolo della sua personale trilogia supereroistica. Piccolo miracolo cinematografico contemporaneo che, oltre a riuscire nell'impresa di unire due terminologie critiche da sempre discordanti (“blockbuster” e “autore”), bissa la compattezza di trasposizione/adattamento del primo superandolo addirittura in profondità di scrittura. Tanta la carne al fuoco, materiale che non spaventa Raimi il quale, dal romanzo di formazione che presentò al grande pubblico Peter Parker, passa a dilettarsi con un vero e proprio melodramma sui sentimenti, sulle rinunce, sul dolore.
Camuffato da caleidoscopico film d'azione e intrattenimento in puro Hollywood style, Spider-Man 2 altro in realtà non è se non un lento e lungo processo di realizzazione e allontanamento del dubbio, che come una zavorra affligge le esistenze dei personaggi sulla scena. Peter Parker ci viene rivelato come ragazzo giunto ormai ad un bivio: da un lato la sua vita normale, fatta di studio, passione per la fotografia, prima indipendenza e l'eterno quanto non dichiarato amore per MJ; dall'altro la pressante responsabilità tutt'ora più grande di lui, di misurarsi con il ruolo di tutore in grado di vigilare sul sonno di un'intera città. Parker è l'ago della bilancia, attorno al quale oscillano gli altrettanto combattuti interpreti: James Franco, acceso dal desiderio di vendetta per un padre comunque mai amato e al tempo stesso diviso tra questo sentimento e l'amicizia infantile che lo lega a Parker, o MJ, combattuta tra l'attendere ancora il corteggiatore silenzioso di una vita, o gettarsi anima e corpo nelle regali nozze che il destino sembra portarle in dote. Ognuno messo dinanzi alle proprie prove, come quella che attende Parker nelle vesti di supereroe: dopo Green Goblin l'un contro l'altro “armati” con Doc Ock, secondo, consecutivo antagonista e diretta conseguenza dell'archetipica immagine del mad scientist. Vera e propria ossessione creativa di Stan Lee che Raimi caratterizza come meglio non si potrebbe, addirittura esaltandosi nel momento della trasformazione: resa, nel suo momento topico, nientemeno che inquietante. Superficie registica e profondità di scrittura viaggiano a braccetto, mentre il montaggio cancella, nonostante un minutaggio di certo non parsimonioso, qualsivoglia pericolo di tempi morti, confezionando Spider-Man 2 per come verrà ricordato: il secondo capitolo di una trilogia addirittura superiore al suo predecessore.