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Batman Begins

15/07/2012 10:00

Giuseppe Salvo

Recensione Film, CineComics, Batman, cavaliere oscuro,

Batman Begins

Christopher Nolan riscrive Batman, in un olimpo di oscurità

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Se gli ultimi anni Settanta e gli Ottanta segnarono l’ingresso nel mondo dei blockbuster cinematografici dei supereroi delle strisce a fumetti, attraverso i sbalorditivi effetti speciali di Superman e l’espressionismo gotico del Batman burtoniano, è solo con l’avvento del terzo millennio che la fenomenologia supereroistica può finalmente godere di un più ampio, spettacolarizzante e approfondito respiro. Attraverso le riletture di Bryan Singer e Sam Raimi, supereroi imprigionati da un fardello cartaceo bidimensionale, sfondano il tetto dell’era analogica per saltare e annullare le distanze che intercorrono tra gli stupefacenti poteri delle creature Marvel e Dc Comics e la fedeltà delle realizzazioni visive. La cupa rilettura di autori quali Frank Miller e Alan Moore, responsabili di aver pervaso i diversi contesti eroistici della decadenza e dei virali malesseri sociali di un’era in continuo cambiamento, sprofondati tra le macerie di pareti psichiche non più salde e inamovibili, offre alle pellicole di ultima generazione il background per una decisiva rispondenza non soltanto visiva, ma caratteriale e filologica. Un olimpo precipitato tra i fumi industriali della contemporaneità, e le sue mitologiche divinità, infettate da un mondo corruttibile e defettibile.


Il giovane Bruce Wayne (Christian Bale), dopo aver assistito alla morte dei propri genitori, cova dentro di sé il bruciante sentimento di rancore nei confronti della città che lo ha reso orfano. Allontanatosi da Gotham e dalla sua propria identità, il multimilionario si infiltra tra i delinquenti della malavita della Cina meridionale. Dopo essere stato arrestato, in carcere viene raggiunto dal misterioso Henri Ducard (Liam Neeson), un uomo che afferma di possedere quel che il principe di Gotham cerca disperatamente: i mezzi per scardinare il potere dilagante della criminalità. Rilasciato e con le indicazioni per raggiungere il tempio della Setta delle Ombre, Bruce si sottopone a un duro allenamento tra i ninja di Ras’al Ghul, personaggio a capo dell’organizzazione che da secoli propugna una giustizia libera dai corrotti tribunali giuridici, operando attraverso una rete sotterranea di infiltrazioni sociali. Ma la sanguinosa pulizia anticrimine operata dalla setta, spinge il risoluto Bruce Wayne ad abbandonare l’organizzazione, e fare finalmente ritorno alla sua Gotham, per combattere a proprio modo le ingiustizie della società.


L’asilo psichiatrico di Christopher Nolan, dopo le incursioni nei cagionevoli sbalzi mnemonici di Memento e le veglie allucinate di Insomnia, ospita il sensazionale e illustre personaggio dalla doppia identità, eliofobo almeno quanto i crimini che osteggia. E l’operazione terapeutica del regista londinese punta alla riabilitazione di uno dei più amati e cinematograficamente seviziati eroi del fumetto statunitense. Per farlo, si rende necessario scavare nelle rimozioni del passato, riavviarne le origini, scavalcare la dilogia di Tim Burton, ma soprattutto – e fortunatamente – spazzare il più lontano possibile quella di Joel Schumacher, calando il Cavaliere Oscuro in un’atmosfera che pur avvicinandosi alla cupezza scenografica dei primi Batman, ne conferisce una controparte psicologica ancor più fosca. Nolan sviscera la natura e l’essenza stessa di un personaggio ambiguo e psicolabile, insegue un racconto che cresce gradualmente e che coglie con intelligenza le accelerazioni adrenaliniche di pestaggi e resse notturne, e lasciando fiato attraverso il profondo respiro emotivo e psicologico della narrazione. La paura, la distorsione neuronale e percettiva dei traumi infantili, il freudiano terrore nascosto nelle oscure caverne del passato, diventa fulcro e ritmo della narrazione, una lama che dilania e l’arma affilata dell’affondo, coalescenza speculare di uno stesso fluido che assume, nell’ombra, cangianti sagome di terrore. Montaggio e colonna sonora sono il volto che riempie la maschera bifronte della pellicola, anima atletica e lirica che veicola i tempi narrativi verso un’eclatante perfezione difficilmente raggiunta dallo stesso Nolan nei parti mentali e nelle megaproduzioni successive.


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