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Eva

19/07/2012 10:00

Martina Calcabrini

Recensione Film,

Eva

L’uomo è sempre stato affascinato dall'evoluzione dell'intelligenza artificiale, e dalle conseguenze di un suo incontro/scontro con le macchine...

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L’uomo è sempre stato affascinato dall'evoluzione dell'intelligenza artificiale, e dalle conseguenze di un suo incontro/scontro con le macchine. Crash, A. I. e Io Robot, sono solo alcuni dei prodotti più innovativi creati ad uso e consumo di un genere fantascientifico in perenne divenire. Il cinema spagnolo, finora privo di pellicole simili, affida all’esordiente Kike Maíllo il compito di dirigere il primo film ispanico di sci-fi robotica, presentato Fuori Concorso al Festival di Venezia 2011.


Spagna, 2041. Alex Garel è un importante ingegnere cibernetico scelto dalla Facoltà Robotica di Santa Irene per creare il primo robot bambino. L’uomo torna nella sua città natale dopo dieci anni di assenza e ritrova Lana, la sua ex fidanzata, divenuta moglie di suo fratello David e madre della piccola e brillante Eva. Tra Alex e la bambina si instaura subito un legame molto profondo tanto che l’uomo sceglierà sua nipote come modello umano per il robot in progettazione.


Una tempesta di fiocchi di neve su una glaciale distesa innevata e, all’orizzonte, un saltellante cappottino rosso. La panoramica iniziale altro non è che lo specchio della protagonista, la piccola Eva, una bambina solare, vispa e divertente. Ha sempre una risposta a tutto e vuole avere, inesorabilmente, l’ultima parola in ogni discussione. Grazie a queste caratteristiche, Eva è l’unico raggio di sole nella monotona vita dei suoi genitori, inglobati in una piccola cittadina vintage che cerca di anticipare i tempi attraverso variegati esperimenti di laboratorio. Le sue eccentriche caratteristiche colpiscono l’attenzione di Alex, che cerca di riprodurle nella memoria emotiva del suo robot bambino. Un’intelligenza artificiale imprevedibile e fragile, esattamente come il suo modello d'ispirazione. Davanti a tentativi falliti, deludenti o altresì pericolosi, basta chiedere - seppur dolcemente – “Cosa vedi quando chiudi gli occhi?” per distruggere vita ed emozioni di un androide. In un mondo in cui gli animali di compagnia, i domestici e persino le segretarie sono cyber di ultima generazione, capaci di aumentare o diminuire il proprio “livello emotivo” a seconda delle circostanze, Kike Maíllo introduce una prevedibile vicenda sentimentale che cozza prepotentemente contro l’universo idilliaco e immaginario della storia. Il convenzionale triangolo amoroso rallenta il ritmo della narrazione e offusca i virtuosismi registici, i dinamici effetti speciali e, persino, il realismo della fotografia che, inizialmente, conferisce un’aurea incontaminata alla pellicola. Nonostante il carisma della piccola Claudia Vega e la bravura di Daniel Brühl (7 giorni in Havana e Bastardi senza gloria), Eva rimane un film algido che non riesce a coinvolgere lo spettatore fino in fondo. Quando niente è come sembra e nessuno è - o meglio, sa - chi dice di essere, crollano tutte le certezze e rimane solo la voglia di provare a migliorare le cose. D’altronde, per imparare a fare qualcosa, bisogna cadere molte volte.


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