Sullo sfondo di una Cina persa nel passato, una setta segreta – la Pietra Nera – è, da tempo immemore, alla ricerca della salma di un vecchio monaco buddhista, Bodhi. Leggenda vuole che la reliquia, in tutta la sua interezza, conceda al possessore la supremazia sulle arti marziali, rendendolo pressochè imbattibile. Eppure, dopo anni di battaglie e di morte e a seguito di un trauma personale, la killer Zeng Jing (Michelle Yeoh) decide di abbandonare la lotta e di sottoporsi ad un intervento chirurgico che ne cambi i connotati. Alla disperata ricerca di una vita normale, Zeng si imbatte in Jiang A-Sheng (Jung Woo-Sung). I due si innamorano e si sposano. Tuttavia i segreti che intercorrono tra di loro porteranno presto ad una tensione palpabile, che rischierà di esplodere quando i combattenti della Pietra Nera torneranno all’assalto. Se Romeo e Giulietta fossero stati degli acrobatici combattenti, La congiura della pietra nera è la storia che William Shakespeare avrebbe lasciato ai posteri. Al centro della narrazione c’è una coppia di amanti sventurati, appartenenti a fazioni opposte. Da una parte, l’allegro Jiang A-Sheng sogna di potersi vendicare della morte del padre, senza tuttavia rinunciare al desiderio di una vita semplice e felice, accanto alla donna di cui è innamorato. Dall’altra, Zeng Jing assume il ruolo di traditrice ad infinitum. Abbandonata la setta che l’ha cresciuta e alla quale ha giurato fedeltà, la donna allo stesso tempo tradisce il marito, con il suo volto reso menzognero dall’intervento della chirurgia. Tra i due protagonisti si stende così una fitta rete di bugie e segreti che, se da un lato, sembrano non essere in grado di minacciare il loro amore, dall’altro di certo ne minano la convivenza. La bella storia d’amore tra i due protagonisti è più che altro un sotterfugio per mettere in scena un roboante spettacolo di combattimenti acrobatici, nella migliore tradizione di quel wuxiapian vietato nella Cina di Mao, ma mai sopito. Non a caso dietro la macchina da presa, accanto a Su Chao-Bin – al suo secondo lungometraggio, di cui cura anche la sceneggiatura – c’è John Woo, il cui nome è sinonimo di azione allo stato puro. La diegesi si arricchisce di macchie di colore improvvise, duelli che somigliano a danze dimenticate, senza mai rinunciare a quell’emotività che impedisce allo spettatore di rimanere sulla superficie dello fruizione, e lo trascina in fondo, verso le radici di coreografie e azioni avvincenti. Presentato alla 67° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, in un’edizione volta ad omaggiare tutta la filmografia di John Woo – che ha ricevuto il premio alla carriera dalle mani del fan Quentin Tarantino – La congiura della pietra nera fonda le sue migliori qualità sulle ottime interpretazioni dei due protagonisti. Michelle Yeoh – la Mameha di Memorie di una Geisha – dà alla sua Zeng un’aura di eleganza innata, che non stona affatto con il suo passato da serial killer, ma che invece ne arricchisce le sfaccettature, rendendola un personaggio a tutto tondo. Al suo fianco Jung Woo-Sung (Il buono, il matto, il cattivo, Motel Seoninjang) è il combattente dalla faccia pulita, un entusiasta naif che, nonostante la sua congenita ingenuità, non rinuncia a buttarsi nella mischia. Presi singolarmente i due protagonisti regalano interpretazioni di alto livello, ma è quando duettano che sono assolutamente irresistibili. Il resto del cast, che sembra sparire ai margini quando sulla scena compaiono loro due, tuttavia dà colore e spessore alla vicenda centrale. Su tutti Barbie Hsu, diventata un vero e proprio idolo del pubblico adolescenziale dopo aver interpretato il drama Meteor Garden, trasposizione seriale del manga di successo Hana Yori Dango.