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Magic Mike

17/09/2012 10:00

Erika Pomella

Recensione Film, Film Musicale, magic mike,

Magic Mike

Nel 1997 c’erano gli squattrinati inglesi di Full Monty, con i loro corpi spigolosi o arrotondati, a far urlare un piccolo manipolo di donne davanti un palcosce

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Nel 1997 c’erano gli squattrinati inglesi di Full Monty, con i loro corpi spigolosi o arrotondati, a far urlare un piccolo manipolo di donne davanti un palcoscenico. Oggi sono i sex-symbol del nuovo film di Steven Soderbergh, Magic Mike - nato da un’idea del protagonista Channing Tatum e dai suoi ricordi di streapman - a creare una storia che mantenga toni goliardici e a volte quasi surreali.


Mike (Channing Tatum) ama definirsi un entrepreneur. Passa il suo tempo a riparare tetti e a lavare automobili nel tentativo di racimolare denaro sufficiente per rendere possibile il suo sogno: creare mobili personalizzati e unici nel suo appartamento sulla spiaggia di Tampa. Ma, quando il giorno lascia il posto alla notte, Mike diventa "Magic". Egli è infatti il front-man di uno show per signore, gestito da Dallas (Matthew McConaughey), ex spogliarellista che ha appeso il tanga al chiodo per passare dietro le quinte e gestire gli introiti. Un giorno Mike, durante la riparazione di un tetto, incontra Adam (Alex Pettyfer), un diciannovenne problematico alla ricerca di un lavoro. Rispecchiandosi nel ragazzo, Mike decide di farlo entrare nello show, con il nome di "The Kid". Avrà inizio così un sodalizio dove donne e denaro saranno i fili conduttori: questo almeno finchè Mike non conoscerà Brooke (Cody Horn), sorella maggiore di Adam.


Nonostante i preconcetti a cui un film incentrato su sei magnifici spogliarellisti si piega, l’ultimo Soderbergh non si limita alla messa in scena di spettacoli glitterati pieni di mascolina esuberanza. Tra i numeri di streap che strizzano l’occhio ai canoni e alle atmosfere del genere musicale, il regista di Ocean's Eleven scava più a fondo, nascondendo sotto i lustrini una denuncia all’attuale american way of life, che si svilisce dietro l’esibizionismo a tutti i costi, dietro il concetto che apparire è molto più importante che essere. Un mondo caotico, perso tra sesso, droga e feste su spiagge da sogno. Eppure, la maestria di Soderbergh – aiutato senz’altro dalla buona sceneggiatura di Reid Carolin – sta nell’usare sapientemente l’ironia al posto di un più feroce j’accuse. Ogni attacco e ogni considerazione si traveste, proprio come i protagonisti, in modo da apparire più appetibile e, di conseguenza, più incisiva. Non c’è neanche un filo di moralismo volto a denigrare il mondo dello streap-show; i protagonisti della vicenda, per di più, non sono borderline nè figure problematiche che usano il proprio corpo per uscire da situazioni drammatiche. I Re di Tampa - come si definiscono i protagonisti - sono uomini consapevoli della propria fisicità, che, mentre giocano con i ruoli che si cuciono e scuciono addosso, si divertono a personificare i sogni erotici di donne di tutte le età. Soderbergh quindi riesce a creare un equilibrio precario ma perfetto, tra leggerezza e presa di coscienza, tra show allo stato puro e occhiate al sistema americano, senza però calarsi nei panni del professore di sociologia, né del puritano convinto che l’esibizione della fisicità sia necessariamente un peccato o una colpa. «Vuoi sapere perché si spoglia?» dirà il protagonista, «Ti parlo da spogliarellista. Ha diciannove anni. Ha soldi, donne e potere. Si sta solo divertendo».


Infine, non si può ignorare il grande apporto di Channing Tatum che ci mette del proprio nella costruzione del personaggio principale. Le sue doti di ballerino – che il pubblico aveva avuto già modo di conoscere nel suo film di lancio Step Up – esplodono senza remore, dando il via a spettacoli ipnotici e, al tempo stesso, talmente spassosi che è impossibile rimanerne indifferenti. La storia d’amore con Cody Horn – che rappresenta il punto più debole del film, fosse anche solo per l’incapacità dell’attrice di mostrare un’espressione diversa da quella dispotica dell’alta borghesia – permette all’attore di mostrare le due facce di una stessa medaglia. «Quello… non è ciò che faccio. Ossia, è quello che faccio, ma non è quello che sono». Al suo fianco Alex Pettyfer rappresenta la parabola inversa di Mike: suo, sarà, infatti il volto negativo che dà al film quel sapore dolceamaro che rimane impresso dopo la visione. Magic Mike, con i suoi toni leggeri e testosteronici, mira ad un pubblico decisamente femminile, che non perderà molto tempo prima di unirsi alle donne del club, a ridere e a seguire i movimenti dei Re di Tampa, di cui fanno parte anche il bell’Alcide di True Blood, Joe Manganiello, e la star di White Collar, Matt Bomer.


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