Cosimo (Valerio Mastandrea) ed Elia (Elio Germano) sono due fratelli piastrellisti che vengono chiamati a restaurare la terrazza della villa in campagna di Fausto Mieli (Gianni Morandi), cantante in declino ritiratosi dalle scene per assistere la moglie Moira (Valeria Bruni Tedeschi), reduce da un ictus. L’arrivo dei due fratelli nel tranquillo paesino di Mieli romperà la rassicurante routine dei suoi abitanti e arriverà a cambiare le vite di molti di loro. Il nome dice poco ma basta guardarlo in video, per avere subito un’idea precisa di chi si stia parlando. Inconfondibilmente toscano, attore protagonista per la prima volta nel 1997 in Ovosodo di Paolo Virzì e a seguire interprete per Lucio Pellegrini, Francesco Patierno, Giambattista Avellino e ancora per Virzì in Tutta la vita davanti. Dopo il cinema, la televisione, la pubblicità , Edoardo Gabbriellini torna nuovamente dietro la macchina da presa, dopo l’esordio, nove anni fa, del molto più interessante B.B. e il cormorano, con un’innocente produzione italiana che vanta nel cast i due talenti Mastandrea e Germano, insieme all'inspiegabile scelta di Gianni Morandi, giustamente a debita distanza - dopo le parentesi degli anni ’60 - dai grandi schermi. Padroni di casa è un film di poche pretese, una storia di provincia che scomoda due dei migliori attori italiani del momento in virtù dell’antica amicizia che li lega al regista. Si può infatti dire che il secondo film di Gabbriellini sia il meno incisivo nella carriera sia di Mastandrea che di Germano, volti di alcuni dei più intensi personaggi del grande schermo italiano degli ultimi anni. L’interpretazione dei due attori conferma le loro già note doti e ne rivela, più che altrove, l’innata comicità e la capacità di alternare nella recitazione leggerezza e intensità . Ma nemmeno le convincenti prove dei protagonisti sono sufficienti a risollevare la pellicola di Gabbriellini. C’è il cantante in declino, la storia d’amore, l’elogio della vita bucolica, qualche trovata umoristica e quel che è peggio, l'estemporaneo tentativo di virare a sorpresa verso toni thrilleristici. Il risultato è un film pasticciato che, anche dove rischiava di avere qualche spunto originale, finisce per risolversi nella ripetizione di clichè cinematografici che sembrano mescolare il più trito Pupi Avati con il Pieraccioni dei tempi che furono, in una scrittura abbozzata e in un elogio del campanilismo italiano poco sopportabile. Cosa c’è nel film di Gabriellini infatti se non una buona, evidente intesa tra gli attori e la capacità di un regista di ultima generazione di fondere sul set vecchie glorie popolari (Morandi) e giovani pilastri del cinema (Mastandrea/Germano)? I presupposti rimangono buoni, ma rispetto alla precedente pellicola, che aveva stupito il Festival di Cannes, in Padroni di casa c’è poca novità ed il film non sembra neanche un prodotto da distribuzione cinematografica, ma un esperimento tra amici, fatto più per soddisfare il regista e gli attori che il pubblico.