A quasi dieci anni di distanza dall'audace The Dreamers, Bernardo Bertolucci torna al cinema con la trasposizione del racconto breve di Niccolò Ammanniti, Io e Te. Dopo una reclusione durata anni - dovuta soprattutto alla malattia che lo ha costretto ad una lunga degenza -, il regista di Ultimo tango a Parigi riprende il posto dietro la macchina da presa per raccontare quella che, secondo lui, è più che altro una storia di liberazione, un’affermazione potente dell’Io contro il mondo intero. Ad accompagnarlo in questa avventura i giovani attori Jacopo Olmo Antinori e Tea Falco. Lorenzo (Antinori) non è un ragazzo come quelli della sua età: vive in un mondo tutto suo, con regole proprie che rispondono alle note che ascolta in continuazione. Introverso e solitario per natura, il ragazzo non ci pensa neanche un attimo prima di boicottare la settimana bianca. Al posto di vette innevate, Lorenzo si circonda della polvere della sua cantina, dove conta di vivere nascosto e felice per tutta la settimana, circondato da cibo e musica. Olivia (Falco) è una tossica in cerca di redenzione, un’anima fin troppo libera che irrompe nella cantina di Lorenzo, con il quale condivide il sangue, essendo la sua sorellastra. I due, nello spazio circoscritto della cantina, si scontrano, si conoscono, si fronteggiano. E quella che era nata come un’invasione inattesa e fastidiosa si trasforma, per Lorenzo, nell’esperienza clou della sua vita. I volti freschi e quasi del tutto sconosciuti di Antinori e Tea Falco sono il biglietto da visita migliore che Bertolucci potesse offrire ad un pubblico forse ormai disabituato alla sua poetica. I due interpreti, nei loro volti ancora non scavati dalla mass-medialità, ancora genuini davanti alla macchina da presa riescono a dare voce e fisicità ai due protagonisti di Io e Te. Come in gran parte del cinema di Bertolucci, i personaggi sono tutti esseri in divenire, forme grezze di un’esistenza che ancora non si è assestata. L’introversione e la cupezza che aleggiano su Lorenzo sono perfetti contraltari per la spumeggiante vena di Olivia, che gioca a fare lo spirito libero in attesa che la sua dipendenza – e l’uscita da essa – le permettano di riprendere possesso del suo corpo. Due individualità che si scontrano, che si completano in un rapporto che lascia la sessualità in sottofondo, come elemento di disturbo. Bertolucci dipinge il rapporto tra i due con eleganza, aiutato dal racconto di Ammanniti, dal quale pesca con avidità, modificandolo continuamente, in un gioco di work in progress a cui lo stesso Ammanniti ha preso parte da sceneggiatore. Complicato e tendente al lato più intimo della gioventù, Io e Te è però un film riuscito solo a metà. Se da una parte l’interpretazione intensa data dai due protagonisti aiuta nella costruzione di una ricezione spettatoriale fortemente empatica, dall’altro sembra mancare quella consapevolezza, quel bisogno spasmodico di dire qualcosa che ha reso grandi – seppur discutibili – i passati lavori di Bertolucci. Al contrario, il regista si adagia su un territorio neutro, dove film d’autore e commedia non si incontrano mai, lasciando anche lo spettatore sospeso a mezz’aria.