Quando Joaquim (Jeremie Elkaim) incespica nella vita di Helene (Valérie Lemercier), la quotidianità dei due viene scossa. Vetraio con la passione per lo skateboard, lui è lontano anni luce dal prototipo di persona che Helene, istruttrice di danza classica all’Opera Garnier di Parigi, frequenta di solito. Eppure, dopo un semplice bacio, i due ormai non possono fare più niente senza includere anche l’altro, costretti ad imitare a vicenda gesti, a tuffarsi insieme in esperienze sconosciute, a coesistere ventiquattro ore su ventiquattro. La convivenza forzata dei due, però, suscita la gelosia di Constance (Béatrice De Staêl) migliore amica di Helene, e di Véro (Valérie Donzelli), sorella di Joaquim che sogna di vincere una competizione di danza a Monaco. Dopo il toccante e sorprendente La guerra è dichiarata, Valérie Donzelli torna dietro la macchina da presa per dirigere la sceneggiatura che ha scritto insieme all’ex compagno Jeremie Elkaim. Main dans la main (letteralmente "mano nella mano") è una commedia surreale sull’amore, inteso come il sentimento capace di legare indissolubilmente due persone, non necessariamente in ambito romantico. Come la relazione tra Helene e Constance, migliori amiche da sempre, schiave di un amore diverso da quello sentimentale di “coppia”, ma sicuramente più solido, più duraturo, più leale. Valérie Donzelli sembra prendersi gioco del proverbiale colpo di fulmine, come se in esso vedesse solo una risposta conformista ad un modo di pensare uniformante. Quello che la regista suggerisce, attraverso l’incontro/scontro dei due protagonisti, è che, nella vita vera, la passione destabilizzante di un attimo, che travolge e confonde, non ha possibilità di riuscita. Joaquim ed Helene vivono la loro avventura ora litigando, ora scherzando, ma è solo quando lasciano cadere lo stereotipo del coup de foudre e imparano a vedere oltre le maschere che altri hanno imposto loro o dietro le quali si nascondono, che il loro sentimento ha la possibilità di evolvere e trasformarsi in qualcosa di più concreto. Entrambi profughi e vagabondi in ambito sentimentale, i due protagonisti inciampano in qualcosa che somiglia ad una storia d’amore – dormono fianco a fianco, litigano, passano tutto il tempo insieme – senza tuttavia esserlo. Manca in questo senso il legame mentale ed affettivo che nessun colpo di fulmine potrebbe mai creare. Tutto questo è reso, come nella precedente pellicola, con una divertita miscelazione di diversi generi. A differenza di quanto accade ne la guerre est déclarée, tuttavia, i toni surreali della commedia scivolano con fatica nel lato più drammatico, impedendo in effetti che la fusione avvenga. Si assiste così alla spaccatura della pellicola che appare tagliata bruscamente in due. La prima parte è senz’altro la più riuscita: la presentazione dei due personaggi, l’incontro e i primi rocamboleschi tentativi di convivenza vengono espressi al meglio da uno stile ritmato, dove la regista ritrova le sequenze musicali che tanto avevano incantato ne La guerra è dichiarata. La seconda parte del film, invece, caratterizzata da un'invadente voice over finisce con l’abbassare il ritmo di ricezione e, insieme, il livello della pellicola. Tutto ciò che nella prima parte era apparso fresco, innovativo e interessante, ripiega in un una diegesi piatta e noiosa, avvolta da spire voluminose di banalità.