A chi abbia visto la saga stilleriana di Ti presento i miei, La peggiore settimana della mia vita apparirà come una sbiadita imitazione di quel ciclo hollywoodiano. In realtà l'esordio registico di Alessandro Genovesi trova ispirazione nella sitcom della BBC The Worst Week of My Life, poco nota in Italia ma vero cult in Gran Bretagna. Paolo (Fabio De Luigi), promettente pubblicitario, sta per sposare Margherita (Cristiana Capotondi), dolce veterinaria di famiglia borghese. Ad una settimana dalle nozze però tutto sembra improvvisamente precipitare nel caos, tra un'insistente ammiratrice, un irriverente testimone di nozze e ogni genere di imprevisto che minerà la buona riuscita del matrimonio. L'immagine di Paolo per i rigidi genitori di Margherita e persino l'amore fra i due sposi promessi sarà messo a dura prova. Con un passato da autore teatrale e uno spettacolo, Happy Family, diventato nel 2010 un film diretto da Gabriele Salvatores, Genovesi mette in scena un one-man-show, il cui protagonista incontrastato - Fabio De Luigi - è al centro di una serie ininterrotta di gag, trovate comiche, imprevisti e incidenti esilaranti che animano la pellicola. L'attore sembra riprodurre sullo schermo quel Medioman che è stato in passato uno dei suoi personaggi televisivi più comici: non è bello, non è magnetico, non è neanche un attore in senso classico. Ma è uno showman di personalità, in grado di tenere in piedi da solo per novanta minuti una pellicola banale e priva di contenuto, basata sulle soliti deboli trovate comiche e sui personaggi stereotipati della fidanzata fedele, dell'amico inaffidabile, dell'amante, del suocero e di espedienti già largamente visti al cinema. Ma Paolo, il protagonista, è un personaggio divertente, sornione, persino romantico e De Luigi si prende sulle spalle l'incompiutezza dell'opera prima di Genovesi, riuscendo tutto sommato a portare sugli schermi una commedia piacevole, non volgare e spiritosa. Non si può dire lo stesso della sua compagna di scena Cristiana Capotondi, una protagonista femminile zuccherina e insulsa, e nemmeno dei comprimari su cui il regista ha puntato, come Alessandro Siani, il vulcanico testimone dello sposo, ormai maschera fissa del napoletano verace, o Antonio Catania e Monica Guerritore, i genitori della sposa, inchiodati in un ruolo che lascia poco spazio alla creatività. Seppure la pellicola si collochi sulla falsa riga del wedding movie, genere di grande successo oltreoceano, l'impianto e i tempi sono inevitabilmente italiani. Alla base c'è l'amore tra due protagonisti di diversa estrazione sociale, con un susseguirsi di incidenti e disastri che minano l'organizzazione del matrimonio - costruiti su un impianto all'italiana, tra equivoci, bugie, donne e malintesi - e l'inevitabile epilogo al miele che non rischia, nemmeno per sbaglio, di scalfire le aspettative del pubblico.