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La donna che visse due volte

27/11/2012 12:00

Danilo Cristaldi

Recensione Film,

La donna che visse due volte

San Francisco...

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San Francisco. Scottie (James Stewart), ex agente di polizia che soffre di vertigini, riceve il compito di sorvegliare la moglie di un suo ex compagno di scuola. La donna mostra tendenze suicide e tenta di mettere fine alla sua vita gettandosi in mare. Scottie la salva e si innamora di lei. La tragedia incombe.


Dal romanzo D’entre les morts (1954) di Pierre Boileau e Thomas Narcejac. Alfred Hitchcock - in uno dei suoi risultati più alti, sia a livello stilistico che tematico - ne trae un'angosciosa e labirintica love story, ossessiva nei toni e claustrofobica nell'uso della tensione. Il suo è un viaggio nei meandri della mente umana; un incubo ad occhi aperti impregnato di necrofilia, senso di sbandamento, vertigine. La volontà, da parte di Scottie, di ricreare un'immagine sessuale impossibile, è uno dei più inquietanti esempi di "sesso psicologico" della storia del cinema, capace di conferire allo spettatore, nello stesso tempo, disagio e curiosità. È anche una storia di doppi, di immagine nell'immagine. Convivono, in questo intrigante thriller, romanticismo, passione, mistero, suspense e tragedia morale. Tutto è avvolto da una cupa atmosfera spettrale resa magnificamente dalla fotografia di Robert Burks. Hitchcock decide di allontanarsi leggermente dal romanzo per modificare i meccanismi narrativi del finale, rivelando anticipatamente un colpo di scena.


Molte le innovazioni registiche e visive, tra cui il cosiddetto effetto vertigo, ottenuto attraverso una sincronia tra zoomata in avanti e carrellata all'indietro. Musica di Bernard Hermann, mirabile recitazione degli attori, straordinari titoli di testa di Saul Bass. Il film ebbe una tiepida accoglienza da parte dei critici, ma fu riscoperto e rivalutato in seguito; non a caso, dopo decenni di monopolio assoluto, supera Quarto potere, posizionandosi al primo posto nella lista dei migliori film di tutti i tempi. Come in Notorious, l'amante perduta, non c'è spazio per l'ironia, angelo custode di gran parte dei film di Hitchcock. Il regista aveva pensato a Vera Miles per il personaggio di Judy, ma l'attrice rimase incinta poco prima delle riprese e la parte fu affidata a Kim Novak, splendido esempio di eleganza e animalesca sensualità. A differenza di altri film del regista inglese, molto spesso caratterizzati da svolte rapide e improvvise, vi è, in questo film onirico dai mille volti, una lentezza ed un ritmo contemplativo fuori dal tempo. Un capolavoro assoluto.


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