Tra i più prolifici autori di tutto il mondo, Takashi Miike - che dal 1991 ha diretto più di ottanta film - è un regista ambiguo e insaziabile, amante del cinema nella sua funzione di esorcizzare le paure e le perversioni, capace di passare dalle conturbanti atmosfere delle critiche sociali ai mondi colorati della produzione per l’infanzia, che include anche la trasposizione dell’anime giapponese Yattaman. La sua ultima fatica, Lesson of Evil, è stata presentata alla settima edizione del Festival Internazionale del film di Roma, kermesse guidata da Marco Muller, uno degli estimatori più entusiasti del regista nipponico. Seiji Hasumi (Hideaki Ito) insegna inglese in un liceo dove tutti sono influenzati dal suo fascino. Placido e gentile, il professore è ben voluto dalla maggior parte dei suoi colleghi, che vede in lui un esempio da seguire nelle situazioni di problem solving. I suoi alunni, allo stesso modo, hanno instaurato con il docente un rapporto quasi fraterno, grazie anche al carattere solare e protettivo di Hasumi, che con un sorriso e una bella dose di buona educazione sembra del tutto invincibile. Ligio al dovere e con un forte senso di responsabilità , Hasumi è tra i primi a scoprire che una sua allieva è stata molestata da un docente dell’istituto. La scoperta costringe Hasumi a mostrare un lato recondito del suo carattere. Dietro la più rosea delle apparenze, infatti, si nasconde un mostro che non risponde ad alcuna regola se non alle proprie, incurante dei sentimenti altrui e totalmente volto alla soddisfazione della propria, perversa, sete di sangue. Il canone del male è una pellicola allucinata che mostra tutto il suo coraggio nello spingersi all'irrisione della morte violenta, dell’ingiustizia della vita e della perversione insita in ogni animo umano, anche il più docile. Il docente interpretato magnificamente dal luciferino Hideaki Ito è un manipolatore, un uomo che sembra essere abituato a piegare la vita stessa alle proprie devianze. Sin dall’inizio, nelle lunghe sequenze volte a presentare Hasumi come modello da seguire e anima pia dell’istituto, si avverte subito una nota stonata, un sottotesto macabro che serpeggia lungo la narrazione, contraddicendo quello che le immagini mettono in scena. Ed è nella lunga, sanguinosa e volontariamente ironica strage finale che si evince la grandezza di Miike, il suo voler andare fino in fondo, senza mai nascondersi dietro un facile perbenismo che potrebbe, al contrario, mutilare il suo desiderio narrativo. Eccessivo in ogni sua parte, Lesson of Evil, lungi dall’analizzare la mente del serial-killer o le motivazioni che si nascondono dietro i suoi gesti, scivola piuttosto lungo i confini di un corpo che seduce e ammalia, che risplende di fascino, seppur sinistro, volto alla manipolazione di anime - del tutto? - innocenti. Con alcuni omaggi al primo Cronenberg – la pistola dall’occhio umano richiama Videodrome – Takeshi Miike dirige una pellicola che si copre di toni da commedia nera, covando, nel suo confluire verso un travolgente finale che inneggia al sacro, germi di disturbante visionarietà .