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Aurora (Bianca Guaccero) è una giovane sessuologa che sta ultimando una delle sue tante ricerche. Poi, un giorno, un’amica le dice che sua madre non fa che entrare ed uscire dall’ospedale. Preoccupata per la sorte della genitrice, Aurora è costretta a tornare nel suo piccolo paese pugliese, per scoprire che la misteriosa malattia della madre è una forma molto sviluppata di ipocondria. Tuttavia, per la giovane, i problemi sono appena iniziati. Nella mentalità ristretta del suo paese d’origine, Aurora deve vedersela con i pregiudizi e i pettegolezzi della gente. Proprio come è costretto a fare l'amico d’infanzia Andrea (Corrado Fortuna), pieno di vita ma obbligato a nascondere la propria omosessualità. Costretta a rimanere in Puglia, Aurora cercherà un modo per frenare la propria individualità e nascondere la propria professione: in questo sarà aiutata, oltre che dall’amico Andrea, anche da Pietro (Michele Venitucci). Nel suo tentativo di spezzare l’Italia in un Nord e Sud contrapposti, il regista Donato Ursitti sembra dirigere una versione - nelle intenzioni - più impegnata del campione d’incassi Benvenuti al Sud. La macchina da presa registra un meridione governato da superstizioni e pregiudizi, apparentemente incapace di aprirsi al nuovo, all’insolito, al cambiamento. Eppure, man mano che la storia di Aurora – interpretata da una sorprendente Bianca Guaccero – avanza, lo spettatore avverte che la chiusura mentale e l’incapacità di accettare qualcosa che esula dal lento dispiegarsi della routine sono solo delle maschere. Pur dovendo subire battute e incomprensioni sul suo lavoro – in un piccolo paese “sessuologa” può facilmente divenire sinonimo di “sgualdrina” – Aurora troverà comunque modo di creare un proprio piccolo studio, un luogo dove affrontare l’evoluzione stessa della cultura. In questo senso Si può fare l’amore vestiti? si avvicina più a Chocolat, dove un elemento ammantato di progresso e libertà nella sua più vasta accezione arrivava a scuotere le convinzioni di un piccolo sobborgo. Eppure – e questo è l’aspetto più interessante della pellicola – è la stessa Aurora che finisce con il rimanere ingabbiata nella propria chiusura mentale. Lei stessa sembra del tutto incapace di guardare al di là delle apparenze, e finisce con lo scivolare in pregiudizi se non altro complementari a quelli che le si muovono contro. Sarà l’intervento dell’amico Andrea ad aprirle gli occhi, e farle capire che fuggire da una situazione di disagio non aiuta a risolverla. Sebbene nelle intenzioni narrative il film di Donato Ursitti dimostri tutto il proprio potenziale, la resa effettiva lascia alquanto a desiderare. Non mancano momenti di leggerezza satirica e gag divertenti (soprattutto quando Aurora deve cercare di convincere il mondo intero della serietà del proprio mestiere), ma questi piccoli ed interessanti momenti di commedia brillante finiscono con il perdersi lungo una diegesi incerta. La maggior parte dei personaggi sembra rispondere ad un canovaccio stereotipato, senza che gli sia data la possibilità di costruirsi come soggetti a tutto tondo. Nonostante questo, però, la commedia si fa forte del suo tono popolare, e nelle scelte a volte surreali e rischiose finisce con il parlare di temi sempre attuali, riuscendo a strappare più di una risata.