Non deve essere facile destreggiarsi nel campo cinematografico con un cognome tanto ridondante e non essere oppresso dalle aspettative degli addetti ai lavori che, dopo la filmografia del padre Francis Ford Coppola, e i successi della sorella Sofia, non possono che essere elevate. Dopo aver a lungo fatto da aiuto regista (ha curato la seconda unità di Marie Antoinette e Il giardino delle vergini suicide) e da sceneggiatore (ha collaborato alla sceneggiatura di Moonrise Kingdom di Wes Anderson), Roman Coppola porta alla settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma A Glipse inside the mind of Charles Swan III. Charles Swan (Charlie Sheen) è un pubblicitario dalla spiccata verve creativa, il cui 80% delle facoltà cerebrali è ottenebrato dalla sua ossessione per le donne e il sesso. Questo, tuttavia, non gli impedisce di essere bravo nel suo lavoro e di condurre una vita piena di fantasiose avventure. Tutto cambia quando Ivana (Katheryn Winnick) decide di lasciarlo; la decisione, che rimane priva di una vera motivazione, spezza il cuore di Charles e lo getta in un grande sconforto, da cui cercheranno di tirarlo fuori l'amico Kirby (Jason Schwartzman) e lo spiantato Saul (Bill Murray). La guarigione dell'uomo dovrà necessariamente passare attraverso le sue frizzanti visioni e la smitizzazione della figura di Ivana. Al suo secondo lungometraggio, dopo CQ del 2003, Roman Coppola dirige un viaggio psichedelico, recuperando la cultura mainstream degli anni '70 e '80, e portando sul grande schermo uno spettacolo pieno di eccessi dai colori brillanti e grotteschi, che minano qualsiasi desiderio di aderenza alla realtà. Tutta la narrazione è al di fuori di ogni schema interpretativo: il personaggio di Charles Swan danza - letteralmente - al di fuori della griglia drammaturgica, portando lo spettatore in un vorticoso viaggio senza capo né coda. La parte più interessante del film è condensata nelle lungue sequenze in cui Charles dà il via alle sue fantasie, tra selvaggio west, un mondo nazista dominato dalle donne, duetti anni '30 e così via. Una pellicola che, fin dal titolo, fa dell'esagerazione il suo marchio di fabbrica: dalle forti tinte pop della fotografia, alle visioni partorite dal protagonista, il film è anche un ricettacolo di rimandi più o meno colti alla cultura cinematografica di nicchia. Un esempio su tutti è la chiusa finale, ammantata da una luce algida su una spiaggia scoscesa di felliniana memoria. A questo puro divertissement - che è l'aspetto che Coppola ha fatto risaltare in modo preponderante - si aggiungono le ottime interpretazioni del cast. Se Bill Murray, nei panni di un uomo invecchiato a stanco della propria vita richiama il personaggio già visto in Lost in Translation, Charlie Sheen, affascinante e snervante al tempo stesso, costringe lo spettatore ad una risposta empatica piuttosto altalenante. Proprio perchè Charles Swan non è un personaggio facilmente abbordabile, il suo interprete si impegna con successo nel tirare le giuste corde di disgusto e fascinazione, tanto da concentrare su di sé sia l'affetto dei comprimari, che la loro disapprovazione.