Se vi fosse svelata l’ora esatta della tanto temuta fine del mondo come decidereste di passare i vostri ultimi giorni? Questo il quesito che la sceneggiatrice Lorene Scafaria(Nick e Norah – tutto accadde in una notte) deve essersi posta durante la lavorazione del suo lungometraggio d’esordio. A differenza della maggior parte dei film catastrofici e apocallitici, tuttavia, la regista non si concentra su uno sparuto gruppo di eroi volti alla salvaguardia dell’umanità , quanto sulla discesa verso la fine di cittadini normali, a cui danno il volto gli interpreti Steve Carrell e Keira Knightley. La paura adamitica dell’estinzione individuale, che da sempre spinge gli esseri umani alla sopravvivenza, viene accantonata dalla Scafaria a favore di una storia d’amore fuori dagli schemi. L’estremo tentativo di deviare un asteroide dalla rotta di collisione con la Terra è fallito: l’ultima speranza dell’umanità si è dissolta. A poco più di venti giorni dalla fine del mondo, Dodge (Steve Carrell) deve vedersela con la fine del suo matrimonio, dribblando attacchi di seduzione da parte di stanche ed euforiche signore che vogliono darsi alla pazza gioia negli ultimi giorni del mondo. Tutto cambia quando l’uomo incontra Penny (Keira Knightley), una vicina di casa affetta da una strana forma di narcolessia che gli consegna la lettera di Olivia, il grande amore liceale di Dodge, in cui confessa di non averlo mai dimenticato e di voler passare con lui gli ultimi giorni. Quando una rivolta minaccia il fragile equilibrio all’interno del loro condominio, Dodge e Penny scappano insieme: lui desideroso di raggiungere l’amata Olivia, e lei alla ricerca di un passaggio verso l’Inghilterra che possa ricongiungerla ai suoi familiari. Tuttavia, anche negli ultimi giorni della Terra, la vita è sempre pronta a sorprendere tutti con i suoi folli piani. Cercasi amore per la fine del mondo inizia dove altre pellicole asteroide-centriche si concludono. Una diegesi in cui gli eroi di Armageddon o Deep Impact falliscono e comincia il conto alla rovescia verso l’annientamento. Ma la fine del mondo, nella pellicola della Scafaria, è soltanto l'eco lontana per motivare le scelte dei personaggi, che si muovono smarriti in un mondo allo sbaraglio. Il risultato è un ibrido stilistico, che tenta di conciliare tra loro vari generi cinematografici. Si inizia con i toni della commedia, in cui Carrell la fa da padrone, muovendosi su un terreno che conosce alla perfezione e che domina con placida eleganza. Il tutto poi si evolve in una sorta di road-movie sui generis, pieno di parole e paesaggi, dove i protagonisti cercano un senso da dare alle proprie esistenze nel conforto reciproco. Quando i due decidono di prendersi per mano lungo il sentiero conclusivo della vita, la pellicola si accortoccia in un racconto melodrammatico e mellifluo, con un eccesso di buonismo che annulla il lavoro di ironia svolto precedentemente. La ricezione spettatoriale si fa più complicata e faticosa, strattonata verso una compiaciuta fiera di buoni sentimenti. Alla fastidiosa sensazione di diffuso smarrimento fruitivo, coopera anche l’interpretazione della Knightley, incentrata su una galleria farsesca di smorfie e battute lasciate a metà . Raddrizzano di poco il tiro gli ultimissimi minuti di messa in scena, in un finale che si distende tra il 4:44- Last day on earth di Abel Ferrara e il Von Trier di Melancholia.