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Re della terra selvaggia

27/01/2013 11:00

Roberto Semprebene

Recensione Film,

Re della terra selvaggia

Crescere è di per sé una sfida, ma quando si abita nella Vasca, una zona nel sud della Louisiana a ridosso del fiume e considerata inadatta all’insediamento a c

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Crescere è di per sé una sfida, ma quando si abita nella Vasca, una zona nel sud della Louisiana a ridosso del fiume e considerata inadatta all’insediamento a causa del continuo rischio di inondazioni, la sfida diventa davvero ardua e solo i più forti, i più selvaggi, possono sperare di sopravvivere. Hashpuppy è solo una bimba, ma è anche un’abitante della Vasca e fiera di esserlo, così come suo padre Wink le ha insegnato. La vita scorre, in situazioni abituali, abbastanza placidamente: gli abitanti della Vasca hanno poco o niente, vivono in baracche costruite con materiali di scarto e navigano il fiume su barche improvvisate, ma sono del tutto impreparati alla tempesta che sta per abbattersi su di loro. L’uragano che li colpisce li lascia senza risorse e senza speranze, ma la determinazione della piccola Hashpuppy sarà la molla capace di aggiustare il meccanismo che regola le loro esistenze.


L'esordio alla regia di Benh Zeitilin è un film stratificato e politematico, visivamente non dissimile da un documentario, ma narrativamente strutturato come una favola, una parabola, tradotta in linguaggio filmico dall’opera teatrale di Lucy Alibar. Attraverso gli occhi della straordinaria Quvenzhané Wallis, Zeitlin propone un racconto di formazione che tocca temi universali, sia in termini umani e individuali – la crescita, la perdita degli affetti, la paura di non riuscire a trovare il proprio posto nel mondo – che sociali – riscaldamento globale, rapporto con l’ambiente, educazione. L’abilità di dar voce ai pensieri di una bambina e costruire un racconto toccante lega le capacità del regista e sceneggiatore a quelle di un cast di non professionisti capaci di prove d’attore di grande livello: il rapporto fra Hashpuppy e Wink (Dwight Henry) si compone di tante sfumature, come la miscela di ruvidezza e tenerezza che il padre usa nel rapportarsi alla figlia, tutt’altro che semplici da riprodurre e portare sul grande schermo. Re della Terra Selvaggia è un racconto duro, darwiniano nel rimarcare la necessità di adattarsi per sopravvivere, ma l’attenta costruzione che lo caratterizza ne fa soprattutto un film di grande poesia, capace di commuovere e di divertire, mentre una parte del nostro io continuerà a registrare i rimandi e i sottotesti ad una realtà che probabilmente dev’essere aggiustata, in cui anche il più piccolo ingranaggio può fare la differenza.


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