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Il principe abusivo

14/02/2013 12:00

Erika Pomella

Recensione Film,

Il principe abusivo

C’era una volta un mondo dove il principe azzurro era un gentiluomo senza macchia, ricco nell’animo come nel tesoro della corona...

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C’era una volta un mondo dove il principe azzurro era un gentiluomo senza macchia, ricco nell’animo come nel tesoro della corona. Tali uomini perfetti, su cui donne hanno fantasticato fin dalla tradizione oratoria dei trovatori, in un mondo soffocato dalla stringente attualità, sfumano più evanescenti dell’aria. In un contesto come quello odierno di crisi dei valori e di cinismo, le regole sembrano essere cambiate irrimediabilmente e di quelle fantasticherie resta ben poco. Il principe azzurro oggi è solo un’utopia ingenua e perseguibile di derisione; tra spread che sale e scende, casse integrazioni, licenziamenti di massa e la difficoltà di arrivare a fine mese, Alessandro Siani regala al grande pubblico, nel suo esordio registico, un principe tutto da ridere.


Letizia (Sarah Felberbaum) è una principessa viziata e capricciosa che si sente schiacciata dal peso delle generazioni reali che l’hanno preceduta. Intere bacheche sono ricoperte da articoli che ripercorrono le avventure e le opere svolte da sua madre e sua nonna, ma poco e niente c’è su di lei. Nella speranza di richiamare l’attenzione mediatica su di sé, riuscendo in qualche modo a migliorare la propria immagine algida, Letizia accetta i consigli del suo ciambellano di corte (Christian De Sica): dovrà fingere di essere innamorata persa di un uomo povero. La scelta ricade su Antonio (Alessandro Siani), uno spiantato napoletano scevro di buone maniere, che vive alla giornata scroccando cibo e beni con una certa nonchalance. L’incontro tra i due ragazzi e le realtà che si trascinano dietro sarà l’incipit di una serie di equivoci, in cui realtà e finzione si sposano a toni estremamente divertenti.


Il principe abusivo è un’opera che deve molto al suo regista e autore campano che, nel raccontare una storia a metà strada tra commedia e favola, si mostra sorprendentemente capace. Abbandonati i luoghi comuni legati alla rivalità tra Nord e Sud, che hanno sancito il successo di Siani con i campioni d’incasso Benvenuti al Sud e sequel, l’attore/regista mette in scena una lunga gallerie di gag e personaggi divertenti. Pur non brillando in originalità – sono molti i cliché che si dispiegano lungo la narrazione – la pellicola riesce a ritagliarsi un equilibrio ben strutturato, traendo spunto sia dalla tradizione comica partenopea (la strizzata d’occhio a Miseria e Nobiltà è piuttosto palese) che dalle commedie romantiche a stelle e strisce. La prima parte del film è particolarmente riuscita, con l’incontro-scontro tra i due protagonisti, a cui si aggiungono le manovre strategiche di Anastasio, a metà strada tra il principe machiavellico e un attempato Don Giovanni. Un'opera prima che poggia le sue migliori qualità su una comicità semplice: non si serve di volgarità, punta piuttosto su intrecci improbabili e sentimenti che, pur nella loro logora rappresentazione, riescono ad essere sempre abbastanza condivisibili. Buona, infine, la prova offerta dal cast con un Christian De Sica che dimostra, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il proprio peso nella commedia nostrana, descrivendo un personaggio rigido e mollaccione al tempo stesso, pescando – a volte esageratamente – nella galleria di smorfie e modi di dire che l’hanno reso celebre. Ma la vera sorpresa è Sarah Felberbaum: apprezzata già in Viva l’Italia, l’attrice riesce ad essere credibile e divertente, nonostante un personaggio che in altre mani e sotto l’occhio di un altro regista avrebbe potuto perdere in leggiadria e spontaneità. Peccato per l’ultima mezz’ora che si trascina verso un finale prevedibile e banale, senza il quale l’esordio di Alessandro Siani sarebbe stato promosso a pieni voti.


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