Alla fine degli anni '40 Los Angeles è dominata dal potente boss Mickey Cohen (Sean Penn), sadico e violento. È compito dell'inflessibile sergente John O' Mara (Josh Brolin) e del giovane collega Jerry Wooters (Ryan Gosling), mettere in piedi un'operazione speciale di polizia per fermare Cohen. Tra spietati criminali, poliziotti pronti a tutto e un' affascinante dark lady, Ruben Fleischer dirige un comic travestito da gangster movie. Chi si aspetta The Untouchables degli anni Duemila ne rimarrà deluso; coloro che invece coglieranno l'ironia e il fascino della confezione non potranno non apprezzare Gangster Squad. Già regista di Benvenuti a Zombieland e di 30 Minutes or Less, pellicole pseudodemenziali quasi ignorate in Italia, Fleischer compie stavolta un passo avanti, inusuale nella carriera di un regista del genere: applicare il proprio talento per l'eccesso e il grottesco ad un noir classico, trattato in tutto e per tutto come un fumetto, dalla fotografia ai personaggi stilizzati, sino alla trama, una storia di violenza raccontata con un tono leggero. Colpa forse del poderoso cast - Ryan Gosling, Sean Penn, Josh Brolin, Nick Nolte, Emma Stone – se la pellicola rischia di essere fraintesa per l'opera che non desiderava essere e dunque mal recepito. Rinunciando ad esaminarne le dinamiche psicologiche, il regista sceglie il noir escusivamente per le possibilità che offre, tra atmosfere, inseguimenti, sparatorie, slow motion e ritmo coinvolgente. A parte il contesto storico infatti – la Los Angeles dei Forties di Mickey Cohen, criminale la cui fascinazione arrivò al cinema già nell'eccezionale L.A. Confidential – nulla del film di Fleischer è realistico e nemmeno si pone a ricostruzione di un periodo: semplicemente Gangster Squad trae dalla letteratura e dalle storie di Hollywood del passato l'estetica vintage su cui costruire una storia avvincente e divertente. Sarebbe pretestuoso un paragone con il capolavoro di De Palma: seppure il regista mostri di conoscere bene le regole del poliziesco, tanto quello di oggi quanto della tradizione, è più corretto parlare di un accattivante impianto formale che fa dei costumi, delle scenografie, dei dialoghi esaltanti, della stilizzazione, la sostanza del film. Un'opera composta per tre quarti da citazionismo: dalla meravigliosa Emma Stone, una rossa che ricorda la Gilda di Rita Hayworth, a Josh Brolin, un omaggio allo Sean Connery de Gli Intoccabili, sino all'istrionico, cattivissimo, esilarante Sean Penn, il brutale Mickey Cohen. Se è vero che i protagonisti, più che personaggi, sono caricature o maschere di una messa in scena, allora è anche corretto affermare che al suo grandioso cast Fleischer chiede di comportarsi come dei caratteristi, rinunciando al realismo e alla credibilità in favore dello spettacolo. E va ammesso che il film riesce appieno in questa intenzione, generando oltre cento minuti di intrattenimento puro, abbellito da impalcature e dettagli visivi in stile vecchia Hollywood.