Il nome di Derek Cianfrance si è imposto con prepotenza con il suo secondo lavoro, Blue Valentine, film complesso e toccante, che ebbe il merito di imprimere nella memoria del pubblico l'attore Ryan Gosling, promuovendolo a neo-divo dell'orizzonte Hollywoodiano. Da sempre interessato al concetto di famiglia e a come esso possa modificarsi a seconda delle personalità che vi entrano in gioco, il regista statunitense torna al cinema con una pellicola che abbraccia una generazione, e che sembra soffermarsi sul come le colpe dei genitori ricadano irrimediabilmente sulle spalle dei figli, in una sorta di crudele gioco di predestinazione. Luke (Ryan Gosling) è un motociclista professionista che vive facendo spettacoli acrobatici in una fiera itinerante. Specializzato nel famoso “globo della morte” – che gli ha portato fama con il nome di "Luke il bello" – il giovane decide di cambiare vita quando a Schenectady incontra una sua ex fiamma, Romina (Eva Mendes) che ha da poco partorito in segreto il loro figlio, Jason. Con l’intenzione di diventare un bravo padre, Luke decide di lasciare il suo lavoro e di trasferirsi nella cittadina, nonostante i dubbi di Romina, felicemente accasata con un altro uomo. Mantenere Jason, tuttavia, si mostra più difficile del previsto, tanto che alla fine Luke deciderà di usare le sue abilità di motociclista per rapinare banche. Tutto sembra andare bene, finchè sulla strada dell’uomo non arriva l’agente Avery Cross (Bradley Cooper), novellino delle forze di polizia che, per la troppa ambizione e la tanta inesperienza, commetterà un errore che lo marchierà per tutta la vita. La macchina da presa di Cianfrance – cresciuto in ambito documentaristico – segue la spigolosità di un Ryan Gosling che, proprio come in Blue Valentine, sfregia il proprio charme, mettendosi completamente al servizio del film. Ad emergere è la figura di un uomo ferito, in qualche modo tradito dalla vita, ma al tempo stesso ammantato di mistero: una sorta di antieroe classico, che nasconde la propria fragilità dietro un aspetto minaccioso, fatto di tatuaggi che celano ferite più profonde. Se inizialmente Luke appare come la reificazione di se stesso, un essere astratto che prende consistenza solo attraverso lo sguardo irretito del proprio pubblico, quando incontra il figlio Jason la sua umanità emerge rafforzandosi ad ogni contatto fisico, trasformando il dolore in tenerezza. Eppure l’uomo non può sfuggire alla propria natura: incapace di mantenersi con un lavoro onesto, finirà col diventare un ladro, rubare, sfidare la legge. Il rovescio della medaglia è il figlio di un'élite che permette di avere sogni ed ambizioni, erede di un uomo divenuto leggenda all’interno del dipartimento di polizia, novello ambizioso rappresentato dal vile e manipolatore Avery Cross. Un personaggio quasi interamente negativo che ben si inserisce in una struttura filmica piena zeppa di corruzione e ricatti. Desideroso di cogliere appieno le potenzialità della storia, Cianfrance opta per un ritmo lento e riflessivo, che coglie i dettagli e li riesamina, soffermandosi su primi piani invadenti e decadrages che sottolineano l’impossibilità dei due protagonisti di stare al passo con un mondo che sempre li soverchia e li deride. Sebbene la struttura in tre atti si pieghi abbastanza fluidamente al plot, la narrazione appare alquanto sbilanciata. La parte iniziale, incentrata su Luke e sul suo bisogno di avere una famiglia, è senz’altro la più completa; tuttavia, quando il protagonista di Drive scompare dallo schermo, la pellicola intraprende una fase discendente in cui l'antagonista Cooper non si rivela in grado di mantenere il pathos e l’epicità quotidiana dell’incipit. Il finale, inerente ai figli dei due protagonisti, non solleva le sorti del film, dando così a Come un tuono l’aspetto trasandato di un film riuscito solo a metà.