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Un giorno devi andare

27/03/2013 11:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

Un giorno devi andare

In seguito al dolore per la conclusione drammatica di una gravidanza, Augusta (Jasmine Trinca) decide di abbandonare la propria vita e partire, prima al seguito

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In seguito al dolore per la conclusione drammatica di una gravidanza, Augusta (Jasmine Trinca) decide di abbandonare la propria vita e partire, prima al seguito di Franca (Pia Engleberth), suora missionaria amica della madre Anna (Anne Alvaro), poi da sola, per le favelas brasiliane di Manaus, sull'alto Rio delle Amazzoni. L’avventura condurrà la donna all'incontro con la misera comunità di indigeni del Rio, facendole scoprire un mondo di sentimenti e valori puri che credeva di avere perso per sempre.


Parlando di Jasmine Trinca, Michele Placido ribadì con convinzione ciò che già aveva affermato convintamente Nanni Moretti: ossia come la grande forza recitativa di questa giovane attrice romana stia nella sua naturalezza e spontaneità, in una certa capacità di stabilire con la macchina da presa una particolare confidenza che la rende costantemente a suo agio dinnanzi ad essa, come se non stesse recitando affatto. E se è vero che a questo talento si devono alcune delle più riuscite interpretazioni - da La stanza del figlio a La meglio gioventù sino a Romanzo Criminale - dai tempi in cui vestiva i panni della dolce internata per Giordana o dell’inconsapevole donna del criminale per Placido, l’attrice sembra essere diventata donna tutto d’un fiato. Nonostante resti invariata negli anni l’impareggiabile dolcezza che sul set ha affascinato alcuni degli autori che più l’hanno apprezzata, il ruolo che Giorgio Diritti le affida in Un giorno devi andare testimonia la fiducia che il premiatissimo regista in lei ripone, per la prima volta in un ruolo da protagonista, in un film che la vede in gran parte da sola sulla scena e che cede alla sua voce la cronaca diaristica di un’esperienza di dolore e di forza femminili.


Per presentare il suo film, il terzo lungometraggio dopo l'acclamato Il vento fa il suo giro, Diritti sceglie il Sundance Film Festival, secondo una volontà di qualificare immediatamente il suo prodotto come un’opera lontana dal circuito commerciale – non più di un centinaio di copie di distribuzione - e anche dalle trame da lui stesso già portate sullo schermo. La vicenda di Augusta, che fugge dalla propria vita ordinaria per cercare rifugio in Amazzonia, in una comunità povera ma autentica, non è originale e sfiora in più di un momento alcune corde melense ma – merito soprattutto dell’autenticità del personaggio principale - tocca il cuore soprattutto del pubblico femminile, con cui il regista già aveva mostrato di saper comunicare nella tenera narrazione infantile de L’uomo che verrà. Per la sua opera terza, Diritti sceglie una storia meno epica, fuori dalle pagine della storia, ma non per questo di più semplice rappresentazione. Attraverso un’attrice che sembra concepita appositamente per questo ruolo, il regista bolognese compie un’operazione - insolita per il cinema italiano contemporaneo, tendente alla coralità e alla divagazione - di forzato isolamento del personaggio nella scena: tra pause e soliloqui, la protagonista è quasi privata del filtro della fiction e seguita, lungo la scoperta di una nuova vita, con uno sguardo al limite del documentaristico. Pur confermandosi un talento nell’indagare la psicologia femminile e sebbene aiutato da mezzi non indifferenti – che hanno permesso alla troupe di girare gran parte delle scene in Brasile – Giorgio Diritti realizza una pellicola piena di valenze simboliche e costellata di rimandi tra scelte formali (i primi piani, i silenzi, i campi lunghi sul mare e sul paesaggio amazzonico) ed esigenze di trama. Tuttavia la prolungata introspettività e un ritmo cinematografico lento e insistente manifestano il desiderio del regista di realizzare un prodotto autoriale che però, avvolto unicamente attorno al fascino della sua protagonista, dimentica di coinvolgere il pubblico, se non per una sincera ma debole immedesimazione femminile.


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