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Buongiorno papà

27/03/2013 11:00

Erika Pomella

Recensione Film,

Buongiorno papà

Andrea (Raoul Bova) è un trentottenne affascinante e sicuro di sé, che si vende al mondo con la stessa precisione che utilizza per la brillante carriera di adde

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Andrea (Raoul Bova) è un trentottenne affascinante e sicuro di sé, che si vende al mondo con la stessa precisione che utilizza per la brillante carriera di addetto al product placement all’interno delle finzioni cinematografiche. La sua vita, in effetti, sembra uscire da uno spot di beni di lusso; la sua quotidianità, fatta di gesti uguali ma studiati, è disseminata di macchine costose, occhiali da sole firmati e una serie indistinta e di difficile enumerazione di donne. Accanto a lui c’è l’amico di sempre, Paolo (Edoardo Leo), che sogna di diventare un animatore per bambini. Questa macchina oliata, tuttavia, subisce un arresto quando alla porta di Andrea si presenta Layla (Rosabell Laurenti Sellers), la figlia diciassettenne dell’uomo. Quest'ultimo dovrà fare i conti non solo con la figlia, ma anche con il nonno rockettaro di lei, Enzo (Marco Giallini).


Nato da un soggetto di Massimiliano Bruno, Buongiorno papà è la seconda fatica registica di Edoardo Leo, interprete cresciuto nel sottobosco della fiction italiana e poi specializzatosi in ruoli da patetismo comico, fino all’esordio dietro la macchina da presa con Diciotto anni dopo. Se, nel precedente lavoro, Leo si interessava al recupero di un rapporto familiare tra due fratelli separati dalla morte della madre dopo un incidente stradale, la sua lente di ingradimento si sofferma adesso, coi toni comici di una commedia ispirata, sulla bidirezionalità di un rapporto tra padre e figlia. L’arrivo di Layla, sebbene abbia la portata di una bomba atomica nella vita di Andrea, perfetta nel non arrendersi al concetto di crescita, finisce con l’arricchire l’uomo, donandogli una nuova chiave di lettura esistenziale che lo identifica come individuo e lo completa. Il vero snodo drammaturgico è dato dalla consapevolezza di Andrea di dover rinunciare al proprio egocentrismo (non a caso, nel suo salotto, campeggia la scritta I am mine) e donarsi ad un altro essere umano, quasi senza dover chiedere nulla in cambio.


Tra questi due personaggi, fulcro emotivo della vicenda, si affacciano una serie di personaggi, capaci tutti però di cogliere con la precisione di un orologio svizzero i vari temi comici che cooperano alla costruzione di un ritmo mai lento o ridondante. In particolare Marco Giallini conferma per l’ennesima volta la caratura interpretativa in ruoli eterogenei, dandogli la possibilità di spaziare da film drammatici come A.C.A.B fino ai toni più scanzonati di Posti in piedi in paradiso. Anche nella pellicola di Leo l’attore romano concede al pubblico una caratterizzazione sopra le righe e surreale, ma assolutamente irresistibile, a cui si aggiungono gli altri interpreti, che danno prova di una grande alchimia. Pur senza sprazzi di disarmante originalità Edoardo Leo confeziona una commedia briosa, gradevole e funzionale, che contrappone l’egoismo dilagante del nostro tempo alla necessità di scendere a compromessi con la vita stessa, senza tuttavia appesantirsi di pretese o analisi di stampo psico-sociologico, lasciando al pubblico una ricezione che, al contrario, si bea di una sana – quanto ormai rara - risata d’evasione.


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