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Due agenti molto speciali

28/03/2013 11:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

Due agenti molto speciali

Francois Monge (Laurent Lafitte), ispettore della polizia di Parigi, e Ousmane Diakité (Omar Sy), agente assegnato alle banlieu, indagano sulla morte sospetta d

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Francois Monge (Laurent Lafitte), ispettore della polizia di Parigi, e Ousmane Diakité (Omar Sy), agente assegnato alle banlieu, indagano sulla morte sospetta della moglie di un importante sindacalista parigino. Mentre Monge è intenzionato a seguire il corso convenzionale delle indagini, il ruspante ma intuitivo Diakitè è convinto che dietro l'omicidio si celi un intrigo più grande. Seppur dotati di metodi differenti e di caratteri opposti, i due agenti si troveranno – non senza difficoltà - a dover collaborare, per risolvere il caso.


In principio fu la commedia Tellement Proches, poi – dopo anni di cabaret - è arrivato il successo internazionale di Quasi amici: Omar Sy, attore franco-senegalese dal sorriso smagliante e dall'eccezionale verve, dopo due stagioni di successo, si conferma la rivelazione del cinema francese, dotato com'è di un talento comico posato ma irresistibile, al punto da essere egli stesso l'elemento cui è affidato, spesso quasi interamente, il successo di pellicole confezionate su misura per lui. È il caso di Due agenti molto speciali, rivisitazione alla francese delle serie cult di Beverly Hills Cop o dei vari Arma Letale, disimpegnate trame poliziesche che traggono il comico dalla “strana coppia” di poliziotti protagonisti, l'uno bianco e serioso, l'altro nero e strampalato, di provenienza opposta e con metodi investigativi agli antipodi. Qui i poliziotti in questione sono interpretati da due attori più noti al pubblico francese che a quello italiano, veri e propri show man dell'intrattenimento d'oltralpe: Laurent Lafitte, nei panni dell'ispettore serio, professionale e lievemente aristocratico, e Omar Sy, agente spiritoso, anticonvenzionale e “popolano”.


Al suo secondo lungometraggio - dopo un passato nella pubblicità - David Charhon si cimenta nell'inseguimento dell'action "made in USA", cavalcando l'onda fortunata del cinema francese. Un tentativo vano, dal momento che - fatta eccezione per la presenza scenica del protagonista - in De l'autre côté du périph non c'è quasi nulla che valga la pena salvare. In una trama scontata, dal ritmo lento e dalla narrazione ripetitiva, si svolgono le indagini della coppia di poliziotti, interamente giocate sull'antitesi caratteriale e su clichè (agente buono/agente cattivo) tratti da una tradizione comica fin troppo abusata. Se nella scrittura esile e sfilacciata c'è la volontà di replicare alcuni dei più noti blockbuster del cinema americano, instaurando per lo più un'equivalenza fra Omar Sy e l'icona del poliziesco black Eddie Murphy, nelle gag proposte si ha la sensazione di rivedere, senza nessuna soluzione di originalità, sequenze fortunate di Quasi amici, come le scene di ballo dell'attore senegalese. Oltre ad essere ibrida, citazionista ed emulativa - di Hollywood come del noir francese e della Comèdie, di cui peraltro Lafitte è un degno esponente - la pellicola ha inoltre il particolare demerito di apparire deliberatamente demenziale, dotata di battute di poco acume e di qualche caduta nella trivialità. Un esempio raro, ma significativo, di cinema scadente d'oltralpe.


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