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Weekend tra amici

04/04/2013 11:00

Marco D'Amato

Recensione Film,

Weekend tra amici

Nuova fatica per il giovane e prolifico regista sipontino Stefano Simone: dopo Una Vita nel Mistero e Unfacebook, questo Weekend tra amici rappresenta un nuovo

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Nuova fatica per il giovane e prolifico regista sipontino Stefano Simone: dopo Una Vita nel Mistero e Unfacebook, questo Weekend tra amici rappresenta un nuovo orizzonte, ancora inesplorato, per il suo percorso cinematografico. Simone conferma ancora una volta come i toni a lui più familiari siano quelli più cupi: se nei precedenti lavori tuttavia queste tonalità si insinuavano all’interno di trame a sfondo mistico-religioso, qui il regista proietta il suo gusto per il tetro in un contesto solare, quasi da commedia.


Marco (Michele Bottalico), Fabrizio (Peppe Sfera), Gianni (Matteo Perillo) e Stefano (Filippo Totaro) sono quattro amici di vecchia data: le loro vite li hanno portati su strade e percorsi completamente differenti ma non si sono mai del tutto persi di vista. Marco gestisce un ristorante con la moglie che però lo tradisce e vuole divorziare lasciandolo in mezzo a una strada; Fabrizio è un avvocato arrogante e prepotente; Stefano è un impiegato che, con moglie, figli e padre malato a carico riesce a stento ad arrivare a fine mese, mentre Gianni, l’unico single del gruppo, è un dentista in crisi di solitudine. Nonostante i loro mille problemi, una volta all’anno si ritrovano per un appuntamento sacro: il tradizionale quadrangolare prenatalizio che coinvolge le squadre di calcio per cui tifano.


Il film si svolge praticamente tutto in un unico ambiente, la villa in campagna che il gruppo affitta per il weekend, e Simone è abile a sfruttare la sensazione di claustrofobia che aleggia per tutta la durata della pellicola, facendo rapidamente salire la tensione tra i quattro amici, raggiungendo presto il punto di rottura. Il gioco, gli scherzi, le prese in giro, le punzecchiature, lasciano rapidamente il campo a malintesi, vecchi rancori, invidie mai sopite che diventano sempre più manifeste e incontrollabili. A mettere benzina sul fuoco è la tradizionale rivalità tra le loro squadre (mai esplicitamente nominate ma calibrate sulla triade Inter-Juventus-Milan tra scudetti di cartone, passaporti falsi, calcioscommesse e retrocessioni a tavolino): è il tocco finale per accendere definitivamente la miccia. Il regista gioca molto sui primi piani per sottolineare le reazioni sempre più stizzite dei protagonisti di fronte alle provocazioni dei compagni e punta su Fabrizio (l'avvocato) come “cuore nero” del gruppo, le cui reazioni spropositate e la cui cattiveria finiscono per contagiare passo dopo passo tutti gli altri. L'elettricità di fondo coinvolge lo spettatore mentre attende con impazienza la scarica finale e assiste a qualche buona scena pulp di sicuro impatto. Le musiche di Luca Auriemma, sempre ben centrate, e la prova del cast in scena, rappresentano le migliori interpretazioni del lungometraggio.


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