L'anno è il 2077: in seguito all'attacco di una misteriosa civiltà aliena, gli Scavs, la Terra è ridotta a un deserto disabitato. L'umanità ha vinto la guerra, ma per farlo ha dovuto usare il nucleare, che ha reso il pianeta contaminato e inabitabile. Quel che resta della razza umana vive su Titano, uno dei satelliti di Saturno. Jack Harper e Victoria, però, hanno l'incarico di sorvegliare l'estrazione di acqua dagli oceani terrestri, indispensabile per la sopravvivenza della colonia su Titano. Jack, in particolare, ha l'incarico di riparare i droni che proteggono gli enormi macchinari di estrazione: alcuni Scavs sono infatti sopravvissuti, e agiscono nell'ombra per sabotare sia i droni sia i macchinari. Jack e Victoria - la cui memoria è stata cancellata per evitare che rivelino informazioni agli Scavs in caso di cattura - finiranno il loro turno tra due settimane, poi potranno trasferirsi su Titano. Ma quando una capsula precipita sulla Terra, e Jack scopre che al suo interno c'è una donna che popola da sempre i suoi sogni, tutto cambia. Ennesimo film che dimostra la grande permeabilità della fantascienza nei confronti degli altri generi, Oblivion è un ottimo esempio di sci-fi emozionale, un ibrido di avventura, distopia post-apocalittica e melodramma che eredita il patrimonio genetico di grandi classici come Il pianeta delle scimmie e Io sono leggenda, rielaborandolo però in modo molto personale. L'impatto iniziale è prettamente visivo: si nota subito la cura del regista Joseph Kosinski per il design raffinato, che abbandona le psichedelie al neon di Tron: Legacy e trova compimento in uno stile asettico, futurista e razionalista, stabilendo un efficace dualismo fra gli ambienti in cui vivono Jack e Victoria (non solo la stazione sospesa tra le nuvole, ma anche la bubble ship di Jack, le armi, il vestiario) e la desolazione in cui si muovono gli Scavs, fatta di scenari polverosi e suggestivi panorami desertici, dove la natura ha inglobato le monumentali vestigia dell'umanità . In questo frangente la trama di Oblivion è come un mosaico le cui tessere sono state mischiate, e osservarle ci disorienta, poiché non riusciamo a cogliere il quadro completo. Poi, progressivamente, alcune tessere vanno al loro posto, e tutto si fa più chiaro: Oblivion è un puzzle da ricostruire pezzo per pezzo, scoprendone gradualmente i colpi di scena fino a raggiungere una piena consapevolezza delle cose. Il gioco funziona perché, al contrario di quanto avviene con i generi del thriller e del mistery, nel film di Kosinski la tensione imbocca una parabola crescente, non decrescente. C'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, e tutti i frammenti hanno una loro funzione all'interno del mosaico, anche quando sembra che le suggestioni narrative siano troppe. È vero, Oblivion unisce elementi eterogenei che derivano dalle più svariate incarnazioni della fantascienza (e non solo), ma ognuno di essi trova giustificazione nella trama e l'insieme si rivela piuttosto coerente. Si parlava, però, di sci-fi emozionale, e infatti Oblivion è un film sull'importanza della memoria e sul valore dei ricordi, che ci definiscono in quanto esseri umani. Dimenticare, in tal caso, non significa sotterrare l'ascia di guerra, ma perdere la propria identità , la propria autoscienza di individuo, la propria autonomia di pensiero. L'oblio (da cui il titolo del film) è una dimensione sospesa ed esterna alla realtà dei fatti, completamente acritica. E come spesso accade nella fantascienza emozionale, serve una combinazione di sentimento e curiosità intellettuale per guidare la rivoluzione. I sentimenti sono la chiave per il risveglio, e riattivano la memoria a discapito di qualunque procedura anestetizzante. L'ultimo atto di Oblivion, dopo uno spettacolo di inseguimenti e azione vertiginosa, si avvicina quindi alle logiche del melò: quel che resta, anche sullo sfondo dell'apocalisse, è l'istinto protettivo di un uomo innamorato. Un'avventura godibilissima, a tratti spiazzante e stilisticamente ricercata.