Ci sono pochissimi registi a Hollywood prolifici come Steven Soderbergh che torna in cabina di regia a un anno di distanza da Magic Mike, a due da Contagion e Knockout, con il film per la tv Behind The Candelabra già pronto a uscire sulle reti USA. E il suo alternare tematiche da film indipendenti a superproduzioni tipicamente hollywoodiane lo ha reso sicuramente uno dei filmakers americani più imprevedibili in assoluto. Questa volta Soderbergh cura anche fotografia e montaggio di una pellicola che ci proietta nel chiacchieratissimo mondo delle case farmaceutiche, in particolare nel sempre più florido settore degli psicofarmaci che negli USA, ancora più che da noi, hanno raggiunto picchi di consumo elevatissimi. Emily (Rooney Mara, la splendida Lisbeth della versione fincheriana di Uomini Che Odiano Le Donne) e suo marito Martin (Channing Tatum) sono abituati al lusso e alla bella vita: tutto cambia quando che Martin finisce in galera per insider trading. Dopo i due anni di prigione del marito, la depressa Emily entra in cura dal dottor Jonathan Banks (Jude Law) il quale, su suggerimento dell'ex psichiatra della donna, la dottoressa Siebert (Catherine Zeta-Jones) le prescrive un nuovo farmaco i cui effetti collaterali causeranno una vera tragedia. Con l'aiuto del dottor Sasha Bardey, lo sceneggiatore Scott Burns costruisce una vicenda bipolare come i suoi protagonisti: un delicato dramma che rivolta passo dopo passo tutte le sicurezze dello spettatore mettendo ogni singolo personaggio sotto una nuova luce. Ne esce uno spiazzante thriller costruito a ritroso come un giallo hitchcockiano, similmente a quanto già provato nel recente Contagion. L'ambiguità di fondo della vicenda è perfettamente rispecchiata dall'ottima interpretazione dei tre fulcri della vicenda: in primis Jude Law, il cui giovane, arrembante e arrogante Banks da à ncora di salvataggio della fragile Emily diventa il centro nevralgico dell'intero film, conducendo in solitaria intricate indagini. Rooney Mara rende la sua Emily oscura e piena di sfaccettature, credibile come la Zeta-Jones in un ruolo fortemente enigmatico. A Soderbergh non interessa alcuna morale, non lascia trasparire giudizi su un argomento così complesso e pieno di spine come quello delle case farmaceutiche, che qui diventa mero pretesto per condurre la finzione filmica e l'immedesimazione dello spettatore ad insospettabili picchi di tensione. Nonostante ritmi non proprio sostenuti, il regista confeziona un thriller mai stucchevole, che gode di una trama sì intricata ma mai eccessivamente complicata. Difficile per il pubblico evitare di lasciarsi travolgere da questa ripida e ben congeniata spirale verso la verità .