
Si dice che nella vita non si può piacere a tutti e che farsi dei nemici è uno status quo dell’esistenza umana. Ne sa qualcosa Biagio Bianchetti (Lillo Petrolo) che ha sviluppato un rapporto di odio e avversità nei confronti di Ottone (Neri Marcoré), un viziato figlio di papà a cui non manca mai niente. Uomo di successo e leader carismatico, Ottone è sempre arrivato primo in ogni cosa, lasciando l'altro a marcire nell’ombra. Così un giorno Biagio non trova altra soluzione che farla finita, togliendosi la vita. Una volta giunto nell’Aldilà , però, l’uomo scopre che a seguito di un’opera buona fatta in vita gli è concesso un dono extra: potrà tornare sulla terra per sette giorni, per portare a termine le sue faccende in sospeso e, in definitiva, dimostrare di essere un uomo buono e bravo. Peccato che venga sfruttata come l’occasione per prendersi una rivincita: decide di reincarnarsi in Denis (Emilio Solfrizzi), manager con una bella vita, per poter così mettere per una volta in ombra l’odiato Ottone. Ma non è tutto oro ciò che luccica, e ben presto Biagio/Denis dovrà fare i conti con i propri pregiudizi e con la vera natura dell’esistenza. A quattro anni da L’uomo nero, Sergio Rubini torna dietro la macchina da presa e confeziona una pellicola dall’impianto registico sobrio ed elegante. Mi rifaccio vivo è una commedia sugli equivoci, un gioco delle parti adagiato su una sceneggiatura che, se da una parte non rinuncia a pescare dall’offerta di gag e battute di un genere ormai fortemente stereotipato com’è quello della commedia, dall’altra non rinuncia ad una vena di commovente nostalgia, che trova la sua vena di sfogo in un rapporto d’amicizia e di lealtà maschile con note di sovrannaturale e di fantastico. In questo senso Mi rifaccio vivo è un film a due facce: quella della commedia a stelle e strisce – in cui entrano di prepotenza le verve comiche dei due mattatori Solfrizzo/Marcoré – e quella, invece, più amara, quasi moraleggiante, che – seppur con le dovute precauzioni – sembra strizzare l’occhio alla commedia all’italiana, dove il dolce e il divertente non riescono a celare mai del tutto il sapore più amaro dell’esistenza. Una pellicola che omaggia una certa cinematografia classica che ha in Frank Capra e il suo La vita è meravigliosa il suo riferimento, o ancora Il paradiso può attendere, Uno strano caso, fino al natalizio Jack Frost. Si tratta di una corrente drammaturgica di seconde possibilità , di rimpianti e di addii dai quali non si può fuggire, che Rubini recupera e omaggia facendola propria, grazie ad una regia misurata e attenta, che non si perde in futili manierismi di genere ma al contrario rimane ancorata ai personaggi messi in scena, vero punto nevralgico del racconto. Pur non brillando di originalità , e basandosi sui cliché del genere, Mi rifaccio vivo è una gradevole commedia agrodolce, che intrattiene e commuove. Tenute lontane le pretese stilistiche, Rubini diverte facendo giocare i suoi interpreti i quali, in egual maniera, ripagano il regista di Tutto l'amore che c'è e La Terra con interpretazioni quasi sempre ben riuscite – eccezion fatta per Valentina Cervi l'unica a fallire il contatto empatico col pubblico.