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Il Grande Gatsby (2013), la recensione del film di Baz Luhrmann con Leonardo DiCaprio: grandi scenografie e po

17/05/2013 11:00

Aurora Tamigio

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Il Grande Gatsby (2013), la recensione del film di Baz Luhrmann con Leonardo DiCaprio: grandi scenografie e poca sostanza

Anche questo Gatsby non mette a segno fino in fondo l’atmosfera emanata dalle pagine dello scrittore americano.

Nella primavera del 1922 Nick Carraway (Tobey Maguire), giovane aspirante scrittore, si trasferisce a New York, in una villa sullo stretto di Long Island, confinante con la maestosa tenuta di Jay Gatsby (Leonardo DiCaprio), milionario dal passato misterioso, celebre tra la bella società newyorkese per le feste sensazionali che è solito organizzare. A Long Island vive anche la bella cugina di Nick, Daisy (Carey Mulligan) con suo marito Tom (Joel Edgerton), ex campione di polo. Attraverso la coppia, il giovane scrittore conoscerà la seducente Jordan (Elizabeth Debicki) che lo introdurrà a una delle feste di Gatsby.

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Conosciuto il misterioso vicino di casa, tra i due uomini si istaura un’immediata simpatia che porta il milionario a servirsi del giovane scrittore per l’unico scopo che muove la sua esistenza: riavvicinare Daisy, grande amore mai dimenticato.

La parabola di Baz Luhrmann è una curva iniziata con Romeo+Giulietta, arrivata al suo apice con Moulin Rouge, precipitata con Australia e ora di nuovo rivolta alle stelle, con un sogno costato 130 milioni di dollari: portare al cinema – dopo il film del 1974, interpretato da Robert Redford e sceneggiato da Francis Ford Coppola – il capolavoro di Francis Scott Fitzgerald, Il Grande Gatsby. 

Se in Moulin Rouge Luhrmann intingeva la penna nei più celebri melodrammi d’amore della storia della letteratura, per riscriverli nel suo film al ritmo di pop e tango, sullo sfondo di sfavillanti scenografie, ne Il Grande Gatsby il regista si appropria della New York dei ruggenti 20’s, costruendo un kolossal hollywoodiano in piena regola, glamour quanto basta e maestoso in ogni dettaglio: dai meravigliosi costumi (una collaborazione delle sartorie Prada con Tiffany’s) alle scenografie da parco divertimenti.

 

E poi c'è la regia vorticosa, la solita, quella di Baz Luhrmann, che si arrampica sui grattacieli di New York, sfreccia in auto a suono di hip-hop, scivola fra le ballerine flapper e avvinghia con tutti i cinque sensi lo spettatore abbracciandolo di piume e seta e abbeverandolo di champagne e jazz, di elettronica e caviale. 

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Star incontrastata di questa opera maestosa è ancora una volta Leonardo DiCaprio, un Gatsby magnetico e carismatico (lo dobbiamo dire? Più di quello di Robert Redford), dotato di un sentimento assoluto e spietato, nascosto dietro a un’irreversibile solitudine.

È pur vero però che dove si riconosce, nella scrittura, la mano di Luhrmann è nel personaggio di Nick Carraway, un soggetto letterario di concessione autobiografica, che il regista riscrive quasi replicando l’eroe bohémien interpretato da Ewan McGregor nel 2001, e scegliendo Tobey Maguire che, dopo Spider-Man, si fa nuovamente minuto e anonimo, narratore e soprattutto controparte del fascino senza scampo di Gatsby.

Sebbene il film di Luhrmann meriti la visione se non altro per la capacità di portare al cinema – attraverso luci, colori e musiche - la multisensorialità del romanzo di Fitzgerald, come già accaduto per la pellicola del 1974, anche questo Gatsby non mette a segno fino in fondo l’atmosfera emanata dalle pagine dello scrittore americano. 

Pur rispettandone e trasponendone a pieno l’estetica, manca la cronaca disincantata, delicata e crudele di un'epoca sul viale del tramonto, di una rete di rapporti che cede sotto il peso di una New York sempre più famelica e di una società che produce mostri di fascino, come il magnate protagonista, e che divora i suoi pesci più piccoli.

Se perfetta è infatti la messa in scena del turbinìo di feste e del ritmo metropolitano, meno accurata è la resa dei sentimenti dei protagonisti, annacquata nelle lacrime o nella recitazione vezzosa di Carey Mulligan, plastificata dalla convenzionali interpretazioni di Elizabeth Debicki e Joel Edgerton o più genericamente semplificata in una diffusa tensione al melodramma.

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Quando scompaiono le sconografie, le musiche, i lustrini e tutto quello che Baz Luhrmann sa fare magnificamente, lo spettatore resta da solo con il film che sta guardando e si rende conto che Il Grande Gatsby è un tableaux vivant di bellissimo aspetto, privo di ogni passione o anche solo di qualsivoglia verve. 


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Genere: drammatico, romantico

Titolo originale: The Great Gatsby

Paese, Anno: USA/Australia, 2013

Regia: Baz Luhrmann

Soggetto: Francis Scott Fitzgerald

Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce

Fotografia: Simon Duggan

Montaggio: Jason Ballantine, Jonathan Redmond, Matt Villa

Interpreti: Leonardo DiCaprio, Carey Mulligan, Tobey Maguire, Isla Fisher, Joel Edgerton, Gemma Ward, Callan McAuliffe, Amitabh Bachchan, Jason Clarke, Daniel Newman, Jack Thompson, Jacek Koman, Elizabeth Debicki

Produzione: Village Roadshow Pictures, Bazmark Productions, A&E Television, Red Wagon Entertainment

Distribuzione: Warner Bros.

Musiche: Craig Armstrong

Durata: 142'

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