Dopo il clamoroso successo di Una notte da leoni, il regista Todd Phillips ha sbancato il botteghino internazionale realizzando prima un sequel della pellicola e poi l'irriverente commedia Parto col folle. A quattro anni di distanza dall'originale, torna dietro la macchina da presa per co-sceneggiare e dirigere il capitolo conclusivo del fortunato franchise. In seguito alla morte del padre, Alan (Zach Galifianakis) inizia a mostrare preoccupanti segni di squilibrio tanto che i suoi migliori amici, Doug (Justin Bartha), Phil (Bradley Cooper) e Stu (Ed Helms), decidono di accompagnarlo in una prestigiosa casa di cura. Durante il viaggio, però, Doug viene preso in ostaggio dal perfido Marshall (John Goodman) e sarà rilasciato solo in cambio della cattura di Leslie Chow (Ken Jeong) e del recupero dei 40.000 lingotti d'oro che gli ha sottratto. Tra rapine, matrimoni, decapitazioni e voli con il paracadute, i ragazzi si divincolano tra Los Angeles, Tijuana e Las Vegas, luogo dove tutto ebbe inizio. Riprese a strapiombo, luci psichedeliche, inseguimenti mozzafiato. Quello che doveva essere, a tutti gli effetti, il prevedibile capitolo conclusivo della saga, si rivela, sin dalle prime inquadrature, una commedia furba e intelligente capace, proprio come una fenice, di risorgere dalle proprie ceneri. Dopo il banale episodio precedente, infatti, Una notte da leoni 3 cambia rotta e permette agli eventi di prendere una piega diversa e inaspettata. Nonostante i continui riferimenti alle altre pellicole e il rituale rapimento di Doug, i protagonisti sono cresciuti e, quasi, "maturi". Non sono sbronzi né molesti, anzi: questa volta la loro nuova (dis)avventura comincia con la morte del padre di Alan e con la relativa incapacità di quest'ultimo di elaborare il dolore. Costretti ad affrontare le difficoltà che la vita gli riserva, i ragazzi scoprono i più intimi segreti dei loro amici e persino dei loro nemici, imparando a sfruttare ogni situazione a proprio vantaggio. L'istrionico Zach Galifianakis intrattiene lo spettatore con la propria performance, ottimamente spalleggiato dagli intrepidi compagni d'armi e dal perverso ed esageratamente sopra le righe Ken Jeong. La sceneggiatura, dunque, altro non è che un canovaccio sul quale le maschere della nuova comicità americana improvvisano battute sconce e snocciolano doppi sensi, interpretando i ruoli che più si confanno alla loro verve attoriale. Una commedia caleidoscopica e divertente che conclude degnamente una delle più sfacciate saghe cinematografiche di tutti i tempi.