Due grandi vecchi di Hollywood si incamminano insieme verso l'inevitabile viale del tramonto, ma lo fanno armi in pugno, lottando fino allo stremo. Una potente sensazione di malinconia e da “fine di un'era” aleggia su Uomini di Parola di Fisher Stevens, noto più che altro per la sua carriera di attore cinematografico (Corto Circuito) e televisivo (Ultime dal cielo). Dopo 28 anni di galera scontati fino all'ultimo giorno per essersi rifiutato di fare i nomi dei suoi complici in una rapina finita nel sangue, Val (Al Pacino) esce finalmente dal carcere e trova ad aspettarlo il suo amico di sempre Doc (Christopher Walken). Il boss Claphands (Mark Margolis) ha ordinato a Doc di uccidere Val perché responsabile, in quella rapina, della morte del figlio; così i due vecchi compagni decidono di godersi un'ultima giornata “da leoni” prima dell'inevitabile, coinvolgendo anche il loro amico Hirsch (Alan Arkin). Il film si divide nettamente in due parti: la prima è una crime comedy costruita su misura per l'istrionismo di Pacino che stanca rapidamente tra battute telefonate, scene patetiche – il bordello gestito da Wendy (Lucy Punch) - e gag da cinepanettone (l'indigestione di viagra). Per fortuna un Pacino troppo sopra le righe viene bilanciato dalla figura austera di un Walken sempre magnetico. La seconda parte sale notevolmente di livello con i tre amici, di nuovo insieme, a condividere passato, destino, affetti e sentimenti. La voglia di Val di aiutare Sylvia (Vanessa Ferlito), la preoccupazione di Hirsch per la figlia Nina (Julianna Margulies, che ci regala un bell'effetto deja-vu tornando a indossare il camice da medico a più di dieci anni da E.R.) e di Doc per la giovane barista Alex (Addison Timlin): questa è la benzina che permette al motore dei tre moschettieri di continuare a funzionare e a far salire i giri come ai bei tempi. È qui che i tre protagonisti danno il meglio con una recitazione asciutta ma sentita, carica di pathos nelle scene d'azione “old-style” senza troppe concessioni allo spettacolo fine a se stesso, per sfociare nel confronto finale. Un film sull'amicizia senza enormi pretese che cresce con il passare dei minuti sfruttando l'immenso carisma e l'appeal indissolubile di due leggende del grande schermo.