Dopo non poche difficoltà di lavorazione a causa degli arresti domiciliari dell’autore di Multiplex e Cronaca di un assurdo normale, viene distribuito in un numero esiguo di sale l’ultima fatica del regista, attore e sceneggiatore Stefano Calvagna. Interamente girato all’interno di una palestra, Rabbia in pugno omaggia un cinema di genere ormai scomparso, e vede la partecipazione dell’immancabile Maurizio Mattioli, qui unico interprete davvero convincente, e dello sportivo Claudio Del Falco, già ammirato in altri lavori precedenti dello stesso Calvagna. Valerio (Claudio Del Falco) è un poliziotto con una forte passione per il kick boxing, di cui disputa con successo diversi tornei. La sua vita cambia inaspettatamente una sera, quando Valentina (Gaia Zucchi), la donna di cui è innamorato e che sta per dargli un figlio, viene trovata morta all’interno di un locale notturno dopo aver incontrato il produttore cinematografico Sergio Bruschi (Maurizio Mattioli). Sembra una morte accidentale, ma l’autopsia rivela che poco prima di morire la donna è stata violentata, e nel suo sangue vengono trovate tracce di un composto noto come “la droga dello stupro”. Accecato dal dolore, Valerio si mette sulle tracce del produttore, intenzionato a compiere la sua vendetta. Al suo fianco avrà l'amico di sempre, Fabrizio (Stefano Calvagna), e l’amore di Laura (Valeria Mei), una giovane destinata a far parte del suo futuro. Girato nel 2011, Rabbia in pugno esce nelle sale con due anni di ritardo in coda a Multiplex, il thriller/horror ambientato in un multisala della periferia romana. Nonostante siano evidenti le buone intenzioni e l’impegno di Calvagna e dell’intero cast, la pellicola non riesce mai a raggiungere la sufficienza e a coinvolgere veramente il pubblico. Colpa dei dialoghi approssimativi, del basso livello recitativo e della regia traballante che non presenta alcun guizzo particolare. La vicenda, che inizia con la messa in mostra dell'imponente muscolatura del protagonista impegnato in un incontro di kick boxing, cade presto nel déjà-vu, ed arranca fino al pretenzioso happy ending. Mattioli sembra essere l’unica nota intonata di questo progetto di cui non si salva nemmeno il pessimo doppiaggio: perfetto nella parte dell’antagonista, e calato perfettamente nel ruolo, fa della sua naturalezza espressiva il fulcro attorno a cui ruota l’attenzione dello spettatore altrimenti annoiato. Da dimenticare, invece, l’interpretazione di Del Falco, la cui sola simpatia non giova alla credibilità della vicenda. Apprezzabile, comunque, l’aver voluto raccontare, nonostante le tante difficoltà produttive, una Roma spesso dimenticata e lontana anni luce dalla “grande bellezza” di Sorrentino, di cui condivide, però, un vuoto esistenziale di fondo.