Nessun quadro vale una vita umana: sulla base di questo presupposto, Simon (James McAvoy), impiegato in una casa d’aste, si allea con il criminale Frank (Vincent Cassel) e con i suoi sgherri per rubare il dipinto “Streghe nell’aria” di Francisco Goya, agendo dall’interno. La rapina non va esattamente come dovrebbe e Simon, a seguito di un colpo ricevuto, perde la memoria proprio riguardo la cosa più cara e importante: dov'è il quadro? Frank si arrende all’evidenza che a Simon serva un aiuto per ricordare: viene così coinvolta l’ipnotista Elizabeth Lamb (Rosario Dawson), che dovrà fare in modo di recuperare la memoria perduta dell’uomo. Le premesse di questo thriller dalle venature noir sono innegabilmente interessanti, e lo sviluppo che Danny Boyle ne fa non è da meno, componendo una narrazione frammentata e ricca di salti fra diversi piani percettivi e differenti prospettive, che rendono la visione una sorta di puzzle fruitivo. Al di là della complessità costruttiva - allo spettatore resta stabilire se tutti i pezzi del puzzle combacino perfettamente e se la figura così composta sia o meno di suo gradimento - il film risulta interessante e piacevole da seguire, con personaggi e dialoghi ben costruiti – sebbene McAvoy sia a volte un po’ troppo sopra le righe nella recitazione – e una Rosario Dawson che sa essere straordinariamente magnetica e ammaliante. Il film sviluppa diversi temi forti: l’inganno, la vendetta, l’amore, il tutto reso affascinante dalla scelta dell’ipnosi come terapia di recupero della memoria, con tutte le derive che si possono immaginare e l’incertezza che ciò che i personaggi vedono, sentono e fanno sia dettato da stimoli reali piuttosto che da suggestioni. Boyle sguazza in questi meccanismi, sebbene in ultima battuta si prenda la briga di dare un’interpretazione univoca e diretta del racconto, soluzione in parte discutibile ma forse resa necessaria dalla complessità dell’intrigo. Complessivamente un film studiato bene, forse ridondante ma mai fastidioso.