A quattro anni dal cult fantascientifico Pitch Black, David Twohy torna a dirigere Vin Diesel nel secondo capitolo dedicato alle avventure intergalattiche del criminale fuggitivo Richard B. Riddick. Forte di una messa in scena più imponente rispetto al suo predecessore, il film si avvale anche della presenza di attori del calibro di Judi Dench e Karl Urban. Sono passati 5 anni da quando Riddick è riuscito a fuggire dal pianeta oscuro insieme al giovane Jack (Rhiana Griffith) e ad Imam (Keith David). Da allora la sua vita è un’eterna fuga dalle numerose bande di mercenari decisi ad aggiudicarsi la taglia sulla sua testa. Imprevedibili risvolti lo porteranno a combattere una battaglia per la salvezza di interi mondi: i Necromonger, un’armata di temibili guerrieri guidati da Lord Marshal (Colm Feore), sono decisi a sottomettere ogni pianeta che incontrano sul loro cammino verso l’OltreVerso, un misterioso universo parallelo al di là del normale piano di esistenza. Riuscirà Riddick a contrastare l’orda conquistatrice e a salvare tutto ciò che resta del suo mondo? Tenendo fede alla regola hollywoodiana per cui il secondo episodio di una saga cinematografica deve essere sempre più grande ed esplosivo del primo, Twohy confeziona un’opera di più ampio respiro, dagli effetti speciali colossali (anche se non sempre all’altezza) e dal cast massiccio, che, pur rappresentando uno spettacolare esempio di cinema d’azione, non riesce a raggiungere gli stessi livelli di fascinazione che avevano fatto la fortuna dell’indimenticabile predecessore. Ciò che principalmente non va in The Chronicles of Riddick è il suo prendersi troppo sul serio: pretendendo inspiegabilmente di perseguire intenti spirituali e filosofici, si allontana qualche passo di troppo dallo spirito ludico che più si addice ad un film del genere, risultando talvolta prolisso. Diesel si dimostra attore muscolare dal forte carisma, capace, grazie alla forza del suo personaggio, di rendere la pellicola comunque interessante e di piacevole visione. Così come impeccabili le prove dell’ectoplasmatica Judi Dench e del giovane Karl Urban, ambiguo ed emotivamente instabile. Da dimenticare, invece, la recitazione di Thandie Newton, nei panni di una conturbante villain, e di Colm Feore, entrambi incapaci di dare una rappresentazione approfondita e non stereotipata dei propri personaggi. L’opera di Twohy, seppur per certi versi pretenziosa e pleonastica, è comunque meritevole di visione, ed al regista va sicuramente riconosciuto il coraggio di aver condotto dal genere horror al fantasy una delle saghe fantascientifiche più appassionanti degli ultimi anni.