Gloria (Paulina Garcia) ha 58 anni, due figli adulti e un divorzio alle spalle. Forte e impegnata, la donna cerca un modo per far ripartire la sua vita: frequenta abitualmente locali e feste dove spera di incontrare un nuovo compagno, un uomo che voglia condividere con lei il suo tempo e i suoi sentimenti. L’incontro con Rodolfo (Sergio Hernández) sembra rappresentare una svolta, ma l’uomo si rivela presto inaffidabile ed infantile. Che il cinema cileno sia sinonimo negli ultimi tempi di una produzione qualitativamente valida è ormai chiaro, se Pablo Larraìn ha saputo raccontare al mondo la dittatura cilena con una trilogia politicamente schierata ed attiva, Sebastian Lelio col suo quarto lungometraggio, Gloria, indaga invece le tematiche personali di una donna di mezza età , rimasta sola eppure vitale, con la voglia di chi ancora è disposto a mettersi in gioco senza nascondere le proprie goffaggini. Paulina Garcia dimostra di aver ampiamente meritato l’Orso d’Oro allo scorso Festival di Berlino: continuamente in scena, l’attrice offre corpo e gestualità ad una macchina da presa che ne indaga quasi ossessivamente i particolari con piani ravvicinatissimi, che non lasciano mai spazio a mistificazione, fraintendimenti, ed anzi restituiscono i lineamenti non più perfetti della protagonista con amorevole sincerità . D’altronde Gloria sa ancora essere una donna seducente, briosa, mai rassegnata: la sua ricerca di un compagno cela in verità una maturità non del tutto raggiunta, ostacolata dal terrore di rimanere sola. L’universo maschile, tuttavia, si rivela inaffidabile, fallace, attraverso i personaggi dell’ex marito ed in particolare di Rodolfo, uomo affascinante, dalle buone maniere, ma incapace di rescindere quei legami che ancora lo legano alla sua precedente famiglia. Interessante il ruolo affidato agli accompagnamenti musicali durante il film, le scelte di Lelio sono brani che appartengono alla generazione di Gloria, a quel bagaglio di emozioni che la protagonista non vuole abbandonare. Il regista ha dichiarato di aver pensato al ruolo del coro nelle tragedie greche per individuare la particolare funzione che le musiche hanno all’interno della pellicola: dialogare costantemente con i personaggi, intrattenere con loro connessioni emotive che rigettano il semplice utilizzo di sottofondo. Gloria è una storia di formazione, un’analisi onesta dei rapporti interpersonali durante la mezza età attuata attraverso un unico punto di vista, quello della protagonista, presenza titanica che riduce inevitabilmente gli altri personaggi a comparse, strumenti utili alla sua graduale maturazione. Unica e vera coprotagonista della pellicola è la città di Santiago, metropoli che come Gloria sta inevitabilmente cambiando, cercando una qualche affermazione sul palcoscenico del mondo. La pellicola di Lelio diventa così una spigliata rivendicazione di diritti, quello alla felicità per Gloria e quello alla modernità e al progresso per il Cile.