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A Hijacking

28/10/2013 11:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

A Hijacking

Una vicenda ad alta tensione a largo dell’Oceano Indiano

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Nell’oceano Indiano la MV Rozen, nave da carico danese con a bordo sette marinai, sta rientrando verso il porto quando viene sequestrata da pirati somali e dirottata nel mezzo dell'Oceano Indiano. Mentre sull'imbarcazione gli uomini, coraggiosamente guidati dal cuoco Mikkel (Pilou Asbæk), dovranno combattere per restare in vita nell'attesa di essere liberati, nel quartier generale della compagnia di navigazione, Peter Ludvigsen (Søren Malling), amministratore delegato, avrà su di sé la responsabilità di riportare a casa gli uomini e trattare con i pirati per il riscatto.


A chi gli ha rimproverato di non avere raccontato «tutta la verità» in merito ai sequestri nell’Oceano Indiano, Tobias Lindholm - studi da sceneggiatore e un’opera prima, R, già premiata con il Bodil, il premio cinematografico della critica danese - risponde: «Non so quale sia la verità né se esista. Esistono però i pirati, i marinai, gli amministratori. Sono questi uomini che mi interessava raccontare». A partire dai fatti di attualità che nel 2008 hanno coinvolto la compagnia di navigazione Danica White, Lindholm dà vita a una vicenda ad alta tensione che racconta i conflitti a largo dell’Oceano Indiano tra i pirati somali e le navi da carico europee, vittime di depredamenti, sequestri e uccisioni di marinai. Il terreno su cui si muove il secondo film del giovane regista danese è decisamente scivoloso: le controversie internazionali che regolano i processi e le vicende intorno ai sequestri di navi carico a largo della Somalia sono veri e propri casi di stato e diatribe di lunghissima risoluzione, qualche volta sommariamente archiviate, altre ancora gettate nel polverone mediatico e poi abbandonate. Di certo, anche nella filmografia, il caso di Kapringen è un raro esempio di attualità virata in senso psicologico. Protagonista è la battaglia contro i propri nervi e la propria saldezza di spirito di Mikkel, cuoco di bordo dall’aspetto selvaggio e dai tenui sentimenti , e di Peter, temperato amministratore della compagnia, un tentativo di freddezza imprenditoriale al servizio di sette vite umane.


Come da dichiarate intenzioni, più che mirare a ricostruire l’attualità delle vicende di pirateria nell’oceano Indiano, ciò che a Lindholm interessa è soprattutto tratteggiare un ritratto di uomini in muta convivenza e condivisione di ansie e pressioni psicologiche. Con una costruzione salda e una scrittura che non sbava – neanche nei momenti ad alto thrilling - Tobias Lindholm lega le vicende a bordo della nave con quelle all’interno degli uffici della compagnia navale, creando un corrispettivo tra i due protagonisti del film, due uomini diversi in tutto che la vita mette fianco a fianco in un'estenuante battaglia che per poco meno di due ore tiene lo spettatore in tensione, tanto quanto i parenti dei marinai, relegati nello strazio delle sale d’attesa della compagnia marittima. Tra l’imposta freddezza di Peter e l’impetuosità di Mikkel, il regista tende il file rouge del film: una corsa sulla lama di un rasoio, fredda come una trattativa borsistica ed umida di lacrime, sudore e paura, mentre l'eclettica fotografia di Magnus Nordenhof contrappone ai caldi e claustrofobici interni della nave, la luce asettica degli uffici di Peter Ludvigsen.


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