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The Forgotten Kingdom

03/11/2013 11:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

The Forgotten Kingdom

Cresciuto a Johannesburg, Atang (Zenzo Ngqobe) torna nel natio Lesotho per seppellire suo padre...

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Cresciuto a Johannesburg, Atang (Zenzo Ngqobe) torna nel natio Lesotho per seppellire suo padre. Abituato al trambusto della grande città, non sarà facile per Atang abituarsi ai ritmi lenti del piccolo villaggio. Sarà l’incontro con Dineo (Nozipho Nkelemba), amica d’infanzia divenuta insegnante, e con il mistico popolo Basotho, ad accompagnare il ragazzo attraverso un importante percorso di formazione.


Condurre un defunto a degna sepoltura nei luoghi delle origini è un’onorata tradizione che ancora oggi costituisce uno dei pochi trait d’union nelle abissali distanze che intercorrono tra le metropoli del continente e gli sperduti villaggi attorno: le prime, malate e colme di infelici divari economici, i secondi, silenziosi e dotati al loro interno di una certa uguaglianza e arcaica giustizia sociale. A coloro che hanno ancora tutto da scoprire del Sudafrica del Terzo Millennio, si rivolge la pellicola d’esordio di Andrew Mudge, giovane regista americano innamoratosi delle valli intorno a Johannesburg oltre dieci anni fa, durante un viaggio per raggiungere il fratello volontario nei Peace Corps.


The Forgotten Kingdom è un film che, da dichiarazione del suo regista, si ispira niente meno che alle opere più liriche di David Lynch e John Sayles. Nel tracciare un ritratto il più possibile poetico del suo protagonista, Mudge aspira a rappresentare una vita contesa fra due mondi opposti a cui appartenere: fra uno stile occidentale, logoro come il vecchio vestito da lutto indossato al funerale del padre, e un’esistenza africana ponderata e lenta come le mani che cuciono i vistosi mantelli dei Basotho. Da figlio rispettoso, Atang compie un viaggio per seppellire il padre nelle terre natie, ma ciò che inizia come un’esperienza straniante finisce per assumere i tratti della scoperta di una possibilità alternativa che non rispetti i canoni occidentali imposti all'Africa ma abbia l’aspetto autentico della libertà. Nello sguardo estatico rivolto da Andrew Mudge alle terre dei Basotho, i villaggi intorno a Lesotho che egli stesso (nonostante le numerose difficoltà logistiche) ha voluto come location unica per il suo film, si coglie l’occhio di un vero e proprio innamoramento, quello di un giovane americano per dei luoghi selvaggi e reali, ritratti per questo motivo - grazie anche all'impeccabile fotografia di Carlos Carvalho - con forse un po’ troppa enfasi e favolismo ma non senza una buona e sincera dose di umanità. Ciò che non sembra mancare a Mudge, finora autore solo di corti, è uno sguardo sicuro all'anima delle persone. Da una semplice e archetipica trama di viaggio, il regista americano trae una storia che, pur concedendo molto all'attualità - intensa è la trattazione del tema dell’AIDS, ancora oggi una delle più atroci piaghe africane, e al degrado della metropoli –, si rivela un sognante omaggio ai valori semplici e, insieme, una fiduciosa dichiarazione di libertà – proclamata soprattutto attraverso il bel personaggio interpretato da Nozipho Nkelemba (star della tv sudafricana) - dell’essere umano di scegliere alla fine solo il meglio per se stesso.


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