«Belle è un cagnolone delicato ma la gente spesso non lo sa» è con queste parole che iniziava la sigla dell’anime Belle & Sebastien, cartone animato che negli anni ’80 irretì un vastissimo pubblico, tratto dalla serie tv omonima scritta e diretta da Cecile Aubry, che in Francia divenne negli anni una vera e propria pietra miliare della tv transalpina. A distanza di anni il regista Nicolas Vanier ha deciso di trarne un film che è stato presentato in anteprima all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, in un evento speciale che ha incluso la sezione ormai autonoma di Alice nella Città . Durante la seconda guerra mondiale, in un piccolo villaggio francese, i pastori si lamentano della presenza di una bestia che divora il gregge. Il piccolo Sebastian, orfano di cui si prende cura il vecchio César, durante una delle sue camminate sulle montagne si imbatte in un gigantesco cane bianco; i due fanno subito amicizia e Sebastian lo ribattezza Belle, in contrapposizione all’epiteto che gli hanno dato i pastori che credono che sia lei la bestia da uccidere. Nel frattempo la tranquillità del villaggio viene tramortita dalla presenza di un plotone di SS che, se da una parte piegano l’economia del posto chiedendo alte tasse, dall’altra cercano di mettere un freno alle fughe degli ebrei, che spariscono da un giorno all’altro, grazie a qualche misteriosa guida montanara. Destinato soprattutto ad un pubblico più piccolo, Belle & Sebastien è un film che racconta una storia comune e mira a valori universalmente riconosciuti come fondamentali, con inserti più o meno vasti di tematiche adulte, di sicuro impatto. Centro emotivo della narrazione è di certo lo stretto rapporto che si instaura tra Sebastien e Belle, leale e coraggioso. Ed è proprio in questa relazione che Vanier inserisce molte altre tematiche: la più importante della quale, oltre l’amicizia, è l’invito al giovane pubblico a non soffermarsi mai alla prima impressione che spesso si scopre essere errata. Sebastien con la sua purezza infantile riesce a vedere ciò che a tutti gli altri sfugge: si libera dai pregiudizi dei suoi compaesani e decide di aver fiducia nel proprio istinto, quello stesso sentimento che lo spinge a far amicizia con un cane randagio incontrato sulle montagne al punto da arrivare al ricatto – concetto profondamente infantile, dopotutto – pur di salvarlo. Nicolas Vanier dirige un film delicato, a tratti toccante che, tuttavia, proprio a causa del suo target di riferimento, forse pecca un po’ di eccessivo buonismo. Meravigliosa la resa dei paesaggi francesi, dal paese sperduto tra le montagne e avvolto in una dimensione quasi atemporale, fino alla natura inselvatichita di un paese che si arrende all’inverno.