Passato per i festival di Cannes, Toronto e Torino dove ha ricevuto premi e consensi unanimi, il terzo film diretto dal regista Roberto Minervini è una delle opere italiane più interessanti dell'anno per come riesce a comunicare e a trasmettere emozioni con pochissimi mezzi. Girato con attori non professionisti nella parte di loro stessi, il film sembra partire da una traccia documentaristica per poi raccontare come il miglior cinema di finzione. Stop the Pounding Heart narra della quotidianità della famiglia Carlson, immersa nell'America rurale texana, ormai fuori dal tempo, dove la tecnologia e il futuro sembrano non essere passati, un'America ancorata a vecchi riti e tradizioni, quella dell'insegnamento della Bibbia in casa, dell'allevamento degli animali e dei rodei. I personaggi, continuamente pedinati dalla macchina da presa di Minervini, sono vittime del loro contesto sociologico, non hanno sogni o obbiettivi perché il mondo attorno a loro non glielo permette. Il film riesce nel difficile compito di delineare un ritratto lucido e spietato degli Stati Uniti più arretrati senza essere accusatorio, dove l'oppressione del fondamentalismo cristiano impedisce ogni sorta di dibattito e replica: una realtà mostrata come l'unica possibile e socialmente accettata. Essenziale ed elegante nello stile, ma senza essere patinato, in alcuni momenti Stop the pounding Heart ricorda il cinema di Terrence Malick per il rapporto silenzioso con la natura, sempre viva e pulsante, nei suoni e nelle immagini. Oltre all'affascinante paesaggio della provincia, l'elemento naturale è richiamato dalle lunghe inquadrature sugli animali, come le capre della fattoria dei protagonisti (curate perché fonte di sostentamento economico) e i tori dei rodei, archetipo e liturgia di svago. Un rapporto con la natura che è sia di rispetto che di controllo e di violenza. In modo straordinario e con pochissimi dialoghi, il regista sfrutta le immagini per comunicare: con un inquadratura ravvicinata sulle mani in preghiera viene svelato un mondo e un universo sociale; attraverso un dialogo sussurrato si avverte il disagio esistenziale e basta un parto, evento all'apparenza felice, per sentirsi in prigione. Cuore e motore pulsante narrativo del film è la protagonista Sara (Sara Carlson), ragazza troppo giovane eppure con l'esistenza già pianificata, piena di turbamenti e dubbiosa, in crisi per un sentimento d'amore che non verrà mai sfamato, costretta dall'incedere degli eventi e incatenata a un immaginario culturale, religioso e morale che tutto brucia e annulla. Stop the pounding Heart è un'opera di enorme suggestione emotiva, che non ha bisogno di urlare per farsi sentire; come la sequenza finale, muta e delicata nella messa in scena ma in grado di trasmettere infinito dolore e rassegnazione.