Grazia (Miriam Karlkvist) ha 17 anni e vive a Reggio Calabria con il padre Cristiano (Vinicio Marchioni), rimasto vedovo, che si guadagna da vivere vendendo stoccafisso in una piccola bottega. Nella vita della ragazza pesa l’assenza del fratello Pietro, misteriosamente scomparso in Germania. Una notte Grazia scorge nel buio una figura che si convince essere il fratello e decide di iniziare a cercarlo, opponendosi ai silenzi del padre. E c’è un ostinato, inquietante silenzio anche nell’esordio di Fabio Mollo, documentarista classe 1980, diversi corti realizzati e quest’opera prima, Il Sud è niente, presentata con successo tra Toronto e Roma. Soprattutto, però, in questo primo lungometraggio c’è la presenza assenza di qualcosa, di una persona o di un confine, metaforicamente espressi nello sguardo senza limiti dell’intensa protagonista, la giovane attrice italo-svedese Miriam Karlkvist. Grazia è poco più di una bambina, eppure vive un’esistenza fatta di sottomissione, dolori taciuti e assenze importanti: la madre morta, il fratello scomparso e un padre burbero e distante, pescivendolo che ha i lineamenti aristocratici di Vinicio Marchioni (il Freddo della serie Romanzo Criminale). Intorno all’interpretazione della Karlkvist ruota quasi interamente lo svolgimento di una pellicola complicata e carica di contenuti, che alterna al drammatico una più sicura impalcatura noir. Il Sud è niente è, ancor prima di un racconto familiare, un giallo di buona tenuta, costruito – come da tradizione – attorno a una misteriosa scomparsa ma condotto come un romanzo di formazione in cui a investigare è proprio la giovane protagonista. Insieme ai segreti che avvolgono la sua famiglia, infatti, Grazia deve svelare anche la propria identità e superare - anche fisicamente, liberandosi o accettando i panni maschili - la mancanza del fratello Pietro. Fabio Mollo conduce il proprio lungometraggio d’esordio con ambizione e con uno slancio autoriale lodevole. Il modello di riferimento è il giallo più classico, cosparso di riferimenti psicanalitici. Nonostante qualche ingenuità , gli stilemi del genere sono rispettati con rigore. Tuttavia laddove la vicenda incontra il metafisico (un esempio su tutti le apparizioni "spettrali" di Pietro), il film perde incisività e si inciampa in una strada fatta di vuoti narrativi, che conduce a un finale decisamente sottotono. Il Sud è niente recupera il soggetto di uno dei primi corti realizzati da Fabio Mollo, Giganti, scritto con Andrea Paolo Massara: nel svilupparlo in un lungometraggio il regista sottopone la sua idea originaria a un allungamento innaturale, con aggiunte superflue, per lo più sentimentali.