
Precedentemente conosciuto con il titolo The Cartel War, l'action movie di Benny Chan è stato presentato in anteprima mondiale durante l'Hong Kong Asian Film Festival 2013 e successivamente inserito all'interno del kermesse capitolina diretta da Marco Muller. Ad entrambe le manifestazioni la risposta del pubblico è stata favorevole, riconoscendo a The White Storm un profilo borderline che, in un modo o nell'altro, non ha lasciato indifferenti. Thailandia. Un'operazione segreta contro il famigerato signore della droga Eight-Faced Buddha (Hoi-Pang Lo) ha cambiato il destino di una squadra anti-narcotici di Hong Kong: il capitano Tim (Ching Wan Lau) ha perso molti membri della squadra e la credibilità da parte dei suoi superiori; l'ufficiale Wai (Nick Cheung) è stato dato per disperso mentre il poliziotto infiltrato Chao (Louis Koo), tratto in salvo nel corso di una furiosa sparatoria, ha scelto di cambiare vita per dedicarsi alla famiglia e provare a ricucire il rapporto altalenante con la moglie. Diversi anni dopo, quando il passato sembrava sepolto per sempre, un crimine connesso al mondo della droga porterà alla luce una scioccante verità . Benny Chan trascina il poliziesco al confine varcato da John Woo con le sue opere romantiche e simboliste, restando comunque fedele alla tradizione virile e allo stile pirotecnico adottato – tra gli altri – da Ringo Lam e Johnnie To. Laddove Chan si differenzia è in questa simbiosi tra sguardi a primo impatto complementari e nella cosciente elusione della violenza come strumento per l'analisi sociologica del presente: il vortice d'azione inverosimile e spericolato (per la quantità di pallottole incassate dai protagonisti) messo in scena dal regista converte il realismo della prima parte in un riuscito e spettacolare sparatutto in live action nella seconda. La mediazione tra dramma poliziesco e intrattenimento ludico non implica la perfetta aderenza delle due parti ma neppure culla il film verso una deriva velleitaria; ne conviene una sceneggiatura che rigetta parzialmente la coerenza strutturale (non tutte le soluzioni narrative vengono spiegate a dovere) a tutto vantaggio della spettacolarità e in buona parte anche dell'introspezione psicologica dei personaggi, in particolare dei tre protagonisti. Una soluzione emotivo-centrica che imprime al film una forza dirompente, scollegata dai punti di riferimento – cinematografici e non – a cui il regista ha tratto spunto (su tutti, A Better Tomorrow di John Woo). The White Storm è un grandioso sintetizzatore del miglior cinema di Hong Kong, tanto abile nell'esaltare i pregi macroscopici (interpretazione, coreografie, montaggio), quanto furbo nel piegare a suo piacimento i microscopici difetti di scrittura, unificati in una storyline intrigante e ricca di pathos.