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Roma Criminale

05/12/2013 11:00

Erika Pomella

Recensione Film,

Roma Criminale

Gli eventi della nostra infanzia sono quelli che, più di altri, influenzano la persona che diventeremo una volta entrati nell’età della ragione...

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Gli eventi della nostra infanzia sono quelli che, più di altri, influenzano la persona che diventeremo una volta entrati nell’età della ragione. Lo sa bene Marco Lanzi (Alessandro Borghi) un commissario che ha intrapreso la carriera di poliziotto dopo che, da bambino, ha assistito impotente all’omicidio del padre, anche lui commissario. Impulsivo e dall’animo focoso, Lanzi vive sotto l’ala protettiva di Gargiulo (Massimo Vanni); quando però il criminale detto Er Toretto (Luca Lionello) – riconosciuto come uno dei mandanti dell’assassinio del padre di Lanzi – esce di prigione dopo trent’anni di reclusione per la polizia inizia una missione pericolosa. Le forze dell’ordine, infatti, dovranno evitare che Toretto, con il suo nuovo socio "Il Columbia" (Corrado Solari) portino a termine una rapina.


Con Roma Criminale appare evidente che il regista Gianluca Petrazzi abbia voluto omaggiare un preciso genere cinematografico, quel “poliziottesco” che negli anni ’70 andava per la maggiore, prima di sparire gradualmente dagli schermi della nostra penisola, finendo per diventare una sorta di genere maledetto, a cui nessuno si è più voluto avvicinare. L’entusiasmo omaggiante e la passione di tutta la crew che si è messa al servizio di questo regista appassionato e cresciuto proprio con i vecchi film di genere - come quelli di Umberto Lenzi - appaiono evidenti. L’elemento più palpabile di questa operazione filmica è il divertimento di coloro che vi hanno preso parte e che hanno accettato di cimentarsi in una produzione di difficile realizzazione nella cinematografia italiana, che ora più che mai teme di rischiare e gettarsi senza rete in un contesto economico che non offre garanzie. Per il chiaro intento di fare questo film nonostante un budget quasi irrisorio Roma Criminale merita un dignitoso rispetto. Purtroppo, però, i difetti della pellicola sono così tanti e così palesi che è impossibile salvarlo.


Il primo problema – e di certo il più grave – è rappresentato da una sceneggiatura piena di vuoti incolmabili, che spesso non tiene minimamente conto delle connessioni logiche tra un’inquadratura e l’altra, finendo con il presentare un’accozzaglia di quadri caotici di difficile comprensione, anche per lo spettatore più attento. Tra questo e qualche errore di edizione – tra cui un montaggio che se da una parte tenta di rimandare l’immediatezza delle scene d’azione, dall’altra rende difficoltoso seguire la diegesi – si frappone anche una regia fin troppo entusiasta, che ha un che di febbrile, esagerato, vagamente kitch. In alcune scene le immagini sono estremamente sgranate e portate al cinema con una colorazione che a volte sfrutta troppo i toni caldi del rosso. Il ricorso eccessivo ai primi piani, infine, di chiara provenienza televisiva fanno emergere la natura dilettantistica della regia.


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