I documentaristi Mike Lerner e Maxim Pozdorovkin indagano con sguardo lucido la vicenda che dal 2012 vede protagoniste le giovani Nadezhda Tolokonnikova, Maria Alyokhina e Yekaterina Samutsevich, le tre componenti del gruppo punk di protesta russo chiamato Pussy Riot. Tutto ha inizio da un video confuso che appare in rete: quattro donne con i visi coperti da passamontagna colorati sfogano la loro collera contro Vladimir Putin sull’altare della Cattedrale di Cristo Salvatore, la chiesa ortodossa più importante di Mosca. Un video diventato leggenda, e che ha dato un’eco mondiale alla voce delle Pussy Riot. Il documentario di Lerner e Pozdorovkin ripercorre le performance del gruppo, gli scandali, il carcere e le polemiche internazionali, e ci fa conoscere da vicino le tre eccentriche musiciste che hanno dimostrato a tutto il mondo quanto possa essere pericoloso mettersi contro le autorità politiche e religiose. Inverno 2012. Vladimir Putin si insedia per la terza volta al Cremlino come Presidente della Federazione Russa. La risposta furiosa dei cittadini non si fa attendere, e nelle strade scendono in migliaia per contestare la legittimità del suo governo. Tra le tante voci si erge quella delle Pussy Riot, un gruppo di giovani punk-rocker tutto al femminile, attiviste arrabbiate che si esibiscono nella Cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca scatenando un putiferio. Riescono solo a cantare “Madre Maria, bandisci Putin!” prima di essere fermate dagli agenti di sicurezza e rinchiuse in carcere. Ancora oggi il processo che le vede coinvolte continua ad interessare l’opinione pubblica e a far riflettere sul vero significato di democrazia e libertà di espressione. L’opera di Lerner e Pozdorovkin racconta di una disputa internazionale sulla difesa dei diritti umani e del coraggio di tre ragazze disorientate ma decise, anche da dietro le sbarre, a combattere per le proprie idee. Percorso da una notevole vivacità linguistica e stilistica, il documentario prende le parti delle tre ragazze impertinenti in modo graduale, col proseguire delle immagini. Pian piano i toni si fanno più seri, viene meno l’elemento folkloristico del gruppo e si lascia più spazio all’umanità delle tre protagoniste imprigionate e dei loro familiari. Pussy Riot – A Punk Prayer è la storia di tutte le lotte contro il potere che hanno avuto luogo da quando l’essere umano ha preso coscienza di sé. È l’urlo pacifico della gente semplice che si eleva al di sopra di ogni credo politico e religioso. I due registi mettono in scena la tragedia di chi si illude di cambiare il corso del mondo imbracciando semplicemente una chitarra, e lo fanno con grande cognizione tecnica, prediligendo un ritmo sostenuto della narrazione ed una frammentarietà psichedelica delle immagini che rispecchia in tutto e per tutto lo stile musicale frenetico del gruppo. L’attenzione dello spettatore resta alta fino alla parte finale, quella del processo, in cui il documentario si addentra maggiormente nella vita personale delle tre ragazze attraverso le testimonianze dei loro genitori. Lontano dalla scontata agiografia, Pussy Riot – A Punk Prayer parla alle coscienze del pubblico, convince e risveglia quel sogno di giustizia insito in ognuno di noi.