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What is left?

14/12/2013 11:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

What is left?

Come negli acclamati lavori precedenti, Gustav Hofer e Luca Ragazzi tornano protagonisti di un documentario che prova a raccontare, tra l’ironico e l’amaro, la

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Come negli acclamati lavori precedenti, Gustav Hofer e Luca Ragazzi tornano protagonisti di un documentario che prova a raccontare, tra l’ironico e l’amaro, la Sinistra italiana contemporanea e ciò che di essa rimane dopo i cambiamenti degli ultimi anni, fra sedi di partito, manifestazioni di piazza, interviste a politici e vox populi.


Era il 1989 quando uno smemorato Nanni Moretti si interrogava in Palombella Rossa sull’identità della Sinistra italiana, spaccata come le macerie che da lì a poco avrebbero sostituito il muro che divideva in due parti l’intero mondo. “Chi parla male, pensa male, vive male” proclamava allora, quasi profeticamente, il protagonista di quel film cult che in semplici, esilaranti battute dipingeva un ritratto cinematografico, ma realistico, dell’intellettuale comunista sul finire degli anni Ottanta. Idealista ma confuso, disposto al compromesso ma dotato di un certo snobismo: il giovane elettore di sinistra è ancora oggi, proprio come lo sono i due attori/registi di What is left?, un soggetto dotato di uno sguardo privilegiato e un tantino altezzoso sulla realtà, sia essa quella dei cambiamenti epocali del secolo scorso o quella contemporanea, dei politici venditori e della piazza arrabbiata che urla insulti a gran voce e che, per l’appunto, parla male, pensa male e vive male.


Dopo i successi di Improvvisamente l'inverno scorso e Italy: Love It or Leave It, Hofer e Ragazzi tornano alla macchina da presa per raccontare – dopo il lacunoso campo delle unioni civili in Italia e l’eterno dissidio giovanile fra espatrio e pazienza – una storia molto più complessa e delicata, quella della Sinistra contemporanea, in un momento in cui seguire la politica è difficile tanto quanto raccontarla. Sebbene ne vada lodata la tendenza all’autoironia e alla leggerezza, What is left? è una pellicola che non raggiunge nessuno degli obiettivi che si prefigge e finisce per risultare sin dalle prime battute irritante e superficiale. Dall’esordio, con uno dei due protagonisti che si commuove per il discorso del presidente Obama, sino ad una periziosa collezione di chiacchiere da bar e luoghi comuni da corteo di piazza, i due registi producono un’opera compiaciuta che non fa che offrire ulteriore spazio a quell’innocuo sdegno italiano che si proclama in mattinata davanti alla tazzina di caffè e si nega la sera durante il telegiornale. Pur rifiutando espressamente il qualunquismo e il populismo gridato, Hofer e Ragazzi riescono – come se ce ne fosse ulteriore bisogno – ad esprimere il disimpegno politico dell’italiano medio, che commenta la situazione internazionale con meno passione dei risultati di calcio, che non si documenta mai abbastanza, che si bea del proprio smarrimento imputandolo alle lacune della politica. What is left? intervalla l’attualità alle interviste dei leader politici, segue la piazza come le sedi di partito e racconta ogni tendenza più o meno sinistroide del paese; tuttavia protagonisti assoluti sono i due registi/interpreti che battibeccano fra loro con una pretesa comica che fa rimpiangere i talk show più indigesti e in cui a risultare nettamente fuori luogo è soprattutto Gustav Hofer, con la sua opinione candida di altoatesino. Evitabile anche la trovata del quiz con domande sull’ideologia di sinistra, quesiti posti da una conduttrice con immancabile colbacco in testa. Guardando alle opere passate dei due giovani registi, What is left? è un film che si stenta a credere appartenga agli stessi autori: lo sguardo colmo di onestà che aveva raccontato altrove attualità e sentimenti, qui vacilla e appare evidente come una dissertazione in tema di identità politica necessiti di una competenza molto più vasta e profonda di una manciata di luoghi comuni. Se, come da dichiarate intenzioni, il documentario di Hofer e Ragazzi doveva rispondere a domande importanti, si può star certi che almeno su un punto non vi sono dubbi: quando si tratta di raccontare la sinistra, non sono solo i partiti a parlare male, ma anche i suoi autori più acuti.


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